L’umanità
all’improvviso è stata risvegliata da un sonno profondo, che le conquiste della
scienza moderna, i progressi della tecnologia e la floridezza dei mercati economico-finanziari
le avevano promesso lungo e tranquillo. A
riportarla coi piedi per terra nel mondo concreto della realtà, sono stati l’insorgere
repentino e il rapido diffondersi d’una pandemia imprevista, causata dalla
diffusione d’un virus finora sconosciuto, che ha già mietuto un sorprendente numero
di vite. Gli uomini, che si credevano possessori e dominatori invincibili della
terra, improvvisamente hanno visto la terra rivoltarsi tacitamente e
costringerli a prendere coscienza della loro fragile piccolezza e soprattutto
della loro mortalità naturale, che li rende solo abitanti pellegrini sul
pianeta Terra e di cui di cui non dovrebbero mai dimenticarsi.
L’ottimistica
serenità d’animo degli uomini non è, tuttavia, da attribuire totalmente a una
loro maldestra superficialità o a una loro colpevole ignoranza, ma anche e
soprattutto all’influsso del periodo storico e culturale, in cui hanno vissuto
nei decenni del secondo dopoguerra. Lo sfruttamento senza scrupoli delle
risorse naturali, l’inquinamento crescente d’ogni ambiente, la corsa
all’arricchimento scandaloso di alcuni e l’indifferenza per la povertà di molti,
la supremazia dell’economia e della finanza costituivano una pericolosa
minaccia e creavano sempre più problemi enormi e visibili, ma che le nazioni e
i popoli non coglievano a tempo debito né risolvevano adeguatamente, perché
costantemente sovrastati dal pericolo della guerra fredda (1947-1991), che con
la sua minaccia sempre incombente “alienava” le menti e gli animi degli uomini,
riducendoli a ingranaggi di Stati ideologizzati. Il mondo era diviso – e di
fatto anche dominato - sostanzialmente dagli interessi di due “imperialismi”:
quello economico dell’Occidente e quello ideologico dell’Oriente, che si
fondavano (e continuano a fondarsi) su due concezioni dell’uomo e del mondo, opposte,
ma paradossalmente convergenti nella corsa verso il progressivo stravolgimento
della Natura e l’inesorabile sbriciolamento dell’inviolabile dignità della Persona
umana, fino alla loro completa distruzione. In entrambe queste forme
d’imperialismo, infatti, la Natura è qualcosa solo da sfruttare e l’uomo non è
soggetto titolare di propri diritti inalienabili, e soprattutto non è dotato
d’una propria finalità esistenziale, ma vale solo come mezzo per il
raggiungimento di scopi a lui estranei e imposti arbitrariamente dal altri. E’
l’uomo unidimensionale, come aveva consapevolmente accusato Herbert Marcuse già
nel 1964,
In
quest’ultimo trentennio, poi, l’intenso dinamismo della vita individuale e collettiva ha consolidato
a poco a poco lo stato di fiducia illimitata e di sicuro benessere economico,
per cui - ingannando la ragione e seducendo le speranze soprattutto dei ceti
agiati e dei responsabili della cosa pubblica – l’evolvere del tempo, grazie
all’intervento della “mano invisibile” già preconizzata da Adam Smith, avrebbe
sistemato qualche eventuale carattere sfavorevole e tutto sarebbe proceduto verso
il meglio: gli uomini potevano disporre a loro piacimento di tutto ciò che
offriva la natura con le sue risorse minerarie e con tutte le sue dotazioni di
flora e di fauna. A confermarli in questo convincimento hanno contribuito
decisamente, tra l’altro, il diffondersi e il consolidarsi della democrazia contemporanea
come forma si Stato e di Governo. Agli
inizi, in verità, a reggere i governi - a ogni livello e d’ogni dimensione - venivano
chiamate personalità di sicura
competenza, di profondo senso dello Stato e di radicata coscienza civica.
Accanto a loro, però, spuntavano e
mettevano sempre più piede, alcuni che faticavano a comprendere e ad accettare il
ruolo, che compete a un governante “democratico”, cioè di “servitore dello
Stato” al servizio del bene comune. Questa distorsione concettuale gradualmente
ha deformato e cancellato quasi del tutto l’anima stessa della democrazia, in
cui è nato l’odierno “uomo democratico”, che perlopiù coltiva e persegue, quale
ultima finalità del vivere e dell’agire umano il profitto individuale e di
parte, da ottenere a qualunque costo e con qualunque patto, perché si sente libero
da pastoie giuridiche, morali ed etiche. Non solo nei rapporti con gli esseri
umani a lui simili e uguali, ma anche nei riguardi della Natura. Ha dimenticato,
però, l’accorto ammonimento dello scienziato-filosofo Francesco Bacone: “La
natura non la si vince, se non ubbidendole”.
La
pandemia in atto porge all’uomo – quale quadro complessivo delle conseguenze documentarie
del suo comportamento disinvolto nei riguardi della Terra e dell’Umanità - la rappresentazione d’una la realtà
planetaria drammatica e dolorosa, ch’egli mai avrebbe potuto immaginare. In
quale stato di decadimento s’andava riducendo il pianeta Terra, stava e sta davanti
agli occhi di tutti, ma nessuno ne intuiva tutta la gravità e ne prevedeva gli
esiti funesti e orribili. Quando, però, gli uomini, ammutoliti, hanno dovuto
assistere alla lunga e triste teoria di camion militari col carico di salme
destinate alla cremazione; quando, increduli, hanno visto dormire stese sull’asfalto
d’un ampio parcheggio, antistante ad alberghi di lusso vuoti nell’opulenta
città d’un grande Stato, decine di senzatetto; quando, attoniti, hanno
assistito al seppellimento in fosse comuni di cadaveri di persone umane, allora
i loro occhi si sono aperti e, ascoltando gl’impressionanti “numeri” quotidiani
delle vittime e dei contagiati in Europa e nel mondo, hanno riflettuto: dietro
ognuno di quei numeri c’erano una vita umana spenta, una famiglia smembrata e
depauperate di affetti per lei vitali, energie fisiche, doti intellettive e
morali sottratte prematuramente a tutto il genere umano. Allora hanno
cominciato a chiedersi cosa stesse succedendo e perché; e soprattutto hanno
cercato di capire cosa si potesse fare, anzi cosa si dovesse fare.
Il
mondo degli scienziati, del governanti e della politica ha messo subito in moto
tutte le conoscenze di cui disponeva; essendo, per, un’epidemia del tutto
sconosciuta, sta andando alla ricerca, per scoprire terapie, che possano
debellare il contagio. E pare che c’è qualche indizio che induce a ben sperare.
E, quindi, soprattutto governanti e politici e forze sociali hanno cominciato a
prefigurare e programmare un futuro possibile e sicuro per l’avvenire dei
singoli popoli e dell’umanità intera. A ragione e doverosamente si occupano
concretamente di ripresa del lavoro, di blocco della occupazione, di garanzie
per la salute, di sviluppo dell’economia, di tutela della finanza: insomma di
tutto ciò che occorre perché la vita degli uomini possa “ripartire”. Ed è a
questo punto che nascono non poche perplessità e riserve. Si tratta, infatti,
d’interventi necessari e urgenti, ma insufficienti e destinati al fallimento,
se privi della condizione sostanziale e indispensabile. Infatti, interpretando
rigorosamente il significato dell’evento che sta stravolgendo la vita umana, è richiesta la
rinascita della coscienza morale degli uomini, che debbono essere chiamati non
a “ripartire”, per proseguire, come se nulla fosse successo, per le vecchie
strade, ma debbono spronati e convinti a “svoltare”, cambiando totalmente e
decisamente la loro ragione e i loro sentimenti.
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