Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.

mercoledì 16 settembre 2020

QUINTINO SCOZZI Le sue opere custodiscono la memoria storica di Melissano

 

Pubblicato su “Presenza Taurisanese”, anno XXXVIII, n. 8, agosto / settembre2020, pp. 10-11]

 

 

A Quintino Scozzi, appassionato ricercatore e studioso della storia di Melissano,  la spinta decisiva ad affrettare i tempi e a intensificare gli sforzi nel portare a termine tanti dei suoi lavori fu data da un avvenimento tanto paradossale quanto grave, in quanto artefice ne era proprio la pubblica Amministrazione Comunale del momento [dei beni culturali difensore per suo compito naturale e protettore per suo dovere istituzionale], avallata dalla «massima indifferenza della popolazione [ugualmente colpevole e complice, perché noncurante delle proprie memorie], presa da ben altri interessi e soprattutto ignara  del valore storico  e artistico dell’antico monumento»[1]. Infatti, intorno al 1950 Quintino Scozzi aveva dovuto assistere – ancor giovane e disarmato – all’abbattimento del trecentesco Castello appartenuto agli Amendolia e dopo qualche decennio a Orso Minutolo, per giungere nel 1723 nelle mani dei Conti Caracciolo. Pertanto, unica testimonianza superstite delle origini del trecentesco Casale di Melessano rimaneva la cinquecentesca chiesa parrocchiale dedicata al protettore Sant’Antonio da Padova. Questa in seguito alla permuta decisa dalla Curia Vescovile di Nardò, nel novembre 1978 era divenuta proprietà del Comune di Melissano, il quale subito ne decretava – tra l’assoluta indifferenza dei cittadini[2] -  la demolizione, onde ricavare spazi per parcheggi. Quintino Scozzi, ormai uomo maturo e di un’apprezzabile cultura, si muove presso tutte le Autorità competenti, - Soprintendente alle Belle Arti di Bari,  Vescovo di Nardò, Prefetto di Lecce, Sindaco, Parroco e Cittadinanza di Melissano - perché fosse evitato quell’oltraggio incivile e dissacratorio, e il 28 febbraio 1979 pubblica una Lettera Aperta, nella quale dichiara le motivazioni del suo gesto:  «Mosso – scrive - da un sentimento fatto di rispetto, di pietà e di venerazione, chiesi e chiedo ancora oggi  alle Autorità competenti che l’antica chiesa sia recuperata in tutta la sua interezza – in omaggio al passato  al futuro, alla vita dell’arte – al culto dei fedeli così come i padri l’affidarono ai loro figli. […]. Si provveda, dunque, al restauro, col contributo di quanti hanno a cuore i monumenti onusti di antichità  e palpitanti di vita secolare»[3]. I contenuti della lagnanza dettagliatamente documentata e l’afflato umano  e religioso della perorazione conclusiva sono incontestabile documento di raro senso civico e di profondo religioso rispetto delle proprie radici morali ed etiche: «Quella chiesa – conclude lo Scozzi - che in passato generazioni di melessanesi per educarli al bene e avvertirli che  tutto viene, tutto passa , tutto ritorna a Dio; quella chiesa accolse i vagiti dei neonati, le preghiere dei credenti, le speranze dei giovani, la letizia degli sposi, i lamenti dei sofferenti; quella chiesa, infine, in cui giacciono scheletri di lontani predecessori in un’atmosfera ovattata di arcano silenzio, possa riprendere il suo antico fulgore per continuare ad accogliere i figli dei figli in solenne, affettuoso, materno amplesso»[4]. L’antico monumento fu salvato e già da un quarto di secolo è divenuto la sede decorosa ed efficiente del Centro Culturale a lui intitolato, come è stato pubblicato su questo stesso Giornale[5]. Prima dell’inizio dei lavori per il restauro del monumento Scozzi non mancò di tracciarne la storia e di descriverne l’esistente, comprese le cinque splendide pale d’altare, di cui ora non è rimasta traccia[6].

 

Dedicatosi alla ricerca, allo studio e alla divulgazione d’ogni utile documento inerente alle vicende storiche, ai costumi morali, alle consuetudini sociali e alle tradizioni popolari di Melissano[7], Quintino Scozzi spese le sue energie migliori nella stesura di due pregevoli volumi, unici nel loro genere; il primo il già citato  Un Paese del Sud. Melissano del 1981 e il secondo La morale attraversi i detti popolari del 1987[8]. Nel primo ci consegna una ricca e delicata tavolozza di 65 affreschi narranti – in una lingua semplice ma accurata, appropriata ma scorrevole, mai ricercata o ambigua - fatti e personaggi artefici delle tappe dell’evoluzione del Paese, a partire dal XIV secolo fino ai suoi giorni. A prevenire eventuali osservazioni da parte dei lettori, l’Autore formula espressamente tre puntualizzazioni. La prima è un’apparente giustificazione, ma in realtà è un modo discreto per sottolineare la fondatezza storica delle sue affermazioni; scrive, infatti, «Perché il lettore possa avere la sensazione di compiere un tuffo nel passato, ho largheggiato nelle citazioni, che hanno il potere di ritrarre, per il loro contenuto realistico e la suggestività, gli avvenimenti, le condizioni, le vicende, la vita , insomma, di un tempo che fu»[9]. La seconda puntualizzazione riporta i lettori - soprattutto melissanesi e salentini  - dal “tuffo nel passato” alle responsabilità, che detta il presente mediante la testimonianza e l’esempio di “tre figli di questa operosa cittadina”.  «Don Quintino Sicuro, asceta dalla fede eroica; Ferruccio Caputo, martire delle fosse ardeatine; Luigi Corvaglia, scrittore di elevato pensiero e critico di vastissima cultura»[10]. La terza puntualizzazione è rivelatrice di sentimenti intimi dell’Autore [che sente, però, di non poter né tacere né camuffare] e, nello stesso tempo, del dovuto rispetto per la coscienza religiosa dei Melissanesi [che in quegli anni aggredivano le dottrine e contestavano le condotte predicate dalla Religione Cattolica]. Scrive, infatti, «Convinto che la storia di un paese è fondata anche sui sentimenti, sulla devozione, sulla tradizione, sulla fede religiosa della sua gente e che l’eliminazione, anche parziale, della vita ecclesiale equivarrebbe alla distruzione del patrimonio storico-religioso del luogo, ho inteso descrivere  tutti i fatti riguardanti la vita della Parrocchia che è, appunto, quella del paese »[11].

 

Nel secondo volume Quintino Scozzi ci regala un prezioso mosaico di 448 tessere di elegante e mirabile fattura. In esso, infatti, si leggono, suddivisi in gruppi (nell’ordine delle le lettere dell’alfabeto),  448 proverbi, ivi comprese alcune espressioni dialettali e qualche frase metaforica. Per ogni proverbio viene riportata la dizione in dialetto melissanese, la sua traduzione letterale in lingua italiana, e un commento, in cui è conservato e tramandato il senso morale intrinseco. Abbiamo, quindi, conservati e tramandati i modi di intendere e di vivere propri del melissanese, oggi forse ignaro del valore degli insegnamenti dei propri progenitori e all'oscuro delle sue radici sociali e morali. A evidenziare i pregi di quest’opera, rimane l’autorevole giudizio del compianto Donato Valli, che scrive all’Autore: «Ho letto con interesse e con divertita adesione il Suo libro sui detti popolari melissanesi. Quel che più ha sollecitato la mia curiosità di lettore non è la raccolta in sé (fenomeno oggi molto diffuso), ma il garbato commento che accompagna i proverbi e che è anch’esso documento di popolare saggezza conservatasi intatta attraverso il mutare dei costumi. Al pari del proverbio descritto, il commento ci riporta al tempo perenne dell’infanzia dell’anima, ai miti incorrotti della nostra cultura contadina e paesana, ricca di semplicità, di fede, di certezze. E’ commovente pensare come lei abbia saputo  mantenere intatto  il bagaglio di tali valori: prenderne coscienza significa anche contribuire alla salvaguardia dell’uomo»[12].

 

\Suonino di monito le parole pronunciate da papa Francesco il 14 giugno ultimo scorso: «E’ essenziale ricordare il bene ricevuto.  Senza farne memoria, diventiamo estranei a noi stessi, passanti dell’esistenza. Senza memoria ci sradichiamo dal terreno che ci nutre, e ci lasciamo portare via come foglie dal vento. Fare memoria, invece, è riannodarsi ai legami più forti, è sentirsi parte di una storia, è respirare con un popolo»[13].



[1] Q. SCOZZI, Melissano. Il Circolo Vecchio. Lettera aperta del 28 febbraio 1979.

[2] Quintino Scozzi non hai scritto o proferito verbalmente un giudizio negativo su fatti accaduti e da lui narrati o su enti e persone coinvolte. L’unica eccezione è nel rilevare e documentare - davanti alla decisione dell’amministrazione comunale di demolire lo storico monumento - la totale indifferenza e ignoranza del valore storico e culturale dell’antica chiesa patronale. Indignazione lo mosse anche a a scrivere nei riguardi di di qualcuno, di cui mai rivelò il nome: «Quando si rimestano (senza umiltà) argomenti già rimestati.  Chi per scrivere (o riscrivere) su Melissano, tragga, comodamente, notizie, indicazioni, spunti, date eccetera (esumati dagli Archivi con infinita pazienza e grandi sacrifici) […] è tenuto a citare per correttezza  e serietà, i lavori consultati. Quanto sopra in conseguenza  di comportamenti vili, indecorosi (e perseguibili) tenuti da soggetto in sfrenato delirio di grandezzaCommemorazione del Servio di Dio don Quintino Sicuro, 1989, p. 9.

[3] Q. SCOZZI, Melissano. Il Circolo Vecchio. , Ibidem.

[4] Q. SCOZZI, Melissano. Il Circolo Vecchio. , Ibidem.

[5] C. SCARCELLA, L'antica Chiesa Parrocchiale e il Centro Culturale 'Quintino Scozzi' - Storia di un recupero,  In «Presenza Taurisanese», , n. 310, aprile 2019, pp. 12-13.

[6] Q. SCOZZI, Storia di una chiesa, Tipolito F.lli Amato, Cutrofiano,1982; ristampata nel 1994 presso la Tipografia di Melissano.

[7] Si ricordano i preziosi suoi interventi su aspetti specifici della storia di Melissano degni di nota, accuratamente studiati e puntualmente pubblicati e messi a disposizione dei suoi concittadini Leghisti e fascisti a Melissano nel primo dopoguerra,  Tipografia di Matino,  1983; Melissano in alcuni documenti spagnoli del 1613, Tipografia di Matino, 1984; La grotta del SS. Crocifisso,  Tipografia di Melissano, 1985; Notizie inedite su Melissano, Tipografia di Matino, 1988; Commemorazione di don Quintino Sicuro, Tipografia di Melissano, 1989; Note Melissanesi, Tipografia di Melissano, 198.

[8]  Q. SCOZZI, La morale attraverso i detti popolari, Grafo 7 Editrice, Taviano, 1987.

[9] Q. SCOZZI, Un Paese del Sud. Melissano - Storia e Tradizioni Popolari, Tipografia di Matino,  1981,  p. 9.

[10] Q. SCOZZI, Idem, Idem, pp. 9-10.

[11] Q. SCOZZI, Idem, p. 9.

[12] D. VALLI, Lettera  pubblicata nel volume di Quintino Scozzi, La morale, op. cit., p.3.

[13] PAPA FRNCESCO,  in “L’Osservatore Romano” di lunedì, 15 giugno 2020.