Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.
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domenica 7 agosto 2005

SOMNIUM ovvero ASTRONOMIA DELLA LUNA - L'OPERA POSTUMA DI GIOVANNI KEPLERO

CAUSA DELLE MOLTE PERSECUZIONI CHE LO ACCOMPAGNARONO PER TUTTO L'ARCO DELLA VITA

L'opera postuma di Keplero - iniziata a Tubinga nel 1593 e terminata a Sagan nel 1630 - copre un arco di tempo lungo quanto l'intera sua attività di studioso e di ricercatore. In essa, quindi, troviamo registrati e documentati sia i momenti più significativi delle sue scoperte nel campo della fisica astronomica e sia le tappe fondamentali delle sue riflessioni filosofiche e religiose, che hanno sempre camminato di pari passo. L'opera definitivamente conclusa, pertanto, comprende: a) le prime audaci ipotesi "rivoluzionarie" e "copernicane" del giovanissimo studente di Tubinga (nell'ultimo decennio del 1500), b) le mature convinzioni dell'astronomo che, pur nella lucida consapevolezza dei rischi cui va incontro, professa (nel "pericoloso" primo decennio del 1600) la sua dottrina scientifica, quale unica realtà vera, anche se, così pensando ed operando, si poneva in contrasto con tutti gli insegnamenti ufficiali impartiti nelle università, c) le provate e sofferte conclusioni dello studioso tormentato e dell'uomo travagliato, che (per tutto il secondo e il terzo decennio del 1600) anela, in solitudine morale e in emarginazione intellettuale, soltanto a rimanere coerente con le risultanze della "sua" scienza e con i dettami della propria coscienza.

In questa prospettiva cessa di apparire presunzione o atto di ingenua vanagloria la risposta che scrive al Bernegger nel 1929, l'anno prima che lo cogliesse la prematura morte. All'amico, che gli chiede consiglio per qualche testo di matematica, suggerisce: " Che cosa sarebbe - scrive nel mese di marzo - se ti sottoponessi, giusto per celiare, la mia Astronomia della Luna ossia gli aspetti visibili degli astri? Certamente per noi, che veniamo cacciati dalle terre, questo sarà viatico che ci accompagna nelle peregrinazioni e nelle migrazioni verso la Luna. A quel mio libro aggiungo La faccia visibile della Luna di Plutarco tradotto interamente e nuovamente da me e integrato in parecchie lacune con apporti derivati dall'esperienza: cosa che è stata impossibile a Silandro, non essendo egli fisico di professione".

A porre mano di persona, per dare definitiva ed esaustiva sistemazione alle sue ricerche, è spinto da motivi personali veramente stringenti. " Due anni fa - aveva scritto, infatti, nel 1623 sempre al Bernegger - appena tornai a Linz, cominciai a ricomporre o, piuttosto, ad abbellire e rendere più chiara l'Astronomia della Luna. In verità, sono rimasto fermo per attendere, inutilmente, il libro La faccia visibile della Luna del greco Plutarco, che non mi è stato inviato da chi m'aveva promesso di mandarmelo da Vienna (…). Che cosa sarebbe se venissero pubblicate in un unico libro l'Astronomia lunare mia e quella di Plutarco? E non sarebbe pure raccomandazione valida quella che vengano aggiunte anche le Storie vere di Luciano? (…). Nel mio studio ci sono tanti problemi quanti righi tracciati: e, per di più, da risolvere in parte dal punto di vista astronomico, in parte dal punto di vista fisico, in parte dal punto di vista storico. Ma cosa vorresti fare? Quanti sono quelli che reputeranno degno d'affrontarli e di risolverli? Gli uomini, com'essi dicono, vogliono che le inezie di questo genere vengano fatte fuori con una leggera fiancata, e non sono facilmente disponibili a corrugare la fronte per simili passatempi. E allora ho deciso di risolvere ogni cosa io, aggiungendo alla fine del testo delle note in ordine successivo. Un esperimento fatto con il telescopio, che ho acquistato recentemente, mi ha offerto una visione meravigliosa e assolutamente notevole: città e muri, circolari stando alla forma dell'ombra da loro proiettata".
E, dando spazio alla sua ironia, certo non distruttiva, ma pregna di quell'amarezza che nasce negli animi onesti di fronte alla prepotenza spesso unita all'ignoranza di "uomini di potere", continua: "Che dire di più? Campanella ha scritto la Città del Sole; che cosa sarebbe se noi scrivessimo la Città della Luna? Forse sarebbe impresa mirabile mettersi a descrivere con i colori vivaci i costumi ciclopici del nostro tempo. Vorremmo oltrepassare il limite delle terre, per andare a rifugiarci negli immaginari imperi lunari? Ma perché usare scappatoie, dal momento che non furono al riparo né Moro nell'Utopia né Erasmo nell'Elogio della pazzia; anzi entrambi dovettero difendersi? Abbandoniamo, dunque, interamente questa pece politica e dimoriamo nei verdi boschi della filosofia naturale".

E' l'amarezza dell'uomo perseguitato ingiustamente, che voleva solo portare a termine i suoi studi, sempre turbati ma mai scalfiti dall'insano e miope comportamento di uomini tanto potenti quanto ignoranti. Keplero aveva steso - sul canovaccio della Dissertazione del 1593 - l'Astronomia della Luna nel 1609 a Praga, e l'aveva fatta circolare manoscritta in un numero limitato di copie. Fu proprio la diffusione di quest'opera a cacciarlo in guai seri, come egli stesso ci riferisce nella nota 8 del Somnium: "Non so se l'autore dell'audace satira intitolata Conclave di sant'Ignazio si sia imbattuto in un esemplare di questo mio libretto; ad ogni modo mi tocca espressamente sin dal principio. Andando avanti, appunto, conduce il povero Copernico davanti al tribunale di Plutone, dove, se non mi sbaglio, si accedeva attraverso le voragini del monte Hekla. Voi, amici, che siete a conoscenza dei miei fatti e sapete bene quale sia stato il vero motivo del mio recentissimo viaggio in Svezia, e soprattutto se qualcuno di voi per caso ha avuto tra mano prima d'ora il manoscritto, capirete benissimo che codesto libretto è stato per me e per i miei familiari di male augurio. Ed io sono d'accordo con voi. Il presagio di morte è sicuramente grande se riposto in una ferita mortale che viene inferta, o nel veleno che viene bevuto; ma non minore appare il presagio di sterminio familiare riposto nella diffusione di questo scritto, tanto che lo vedresti come una scintilla andata a cadere su un'esca ben asciutta; crederesti subito, cioè, che quelle parole scritte da me siano state raccolte da animi intimamente malvagi e capaci di congetturare solo ciò che è nero. Eppure il primo esemplare fu portato, nel 1611, da Praga a Lipsia e da lì a Tubinga, dal barone di Volckerstorff e dai suoi precettori per gli studi e per il comportamento. Cosa debbo dirvi ancora, perché crediate che si è chiacchierato (soprattutto se ad alcuni il nome della mia Fiolsilde sembrava di malaugurio a motivo della sua arte) di questa mia favola nei negozi da barbiere? Di certo, proprio da quella città e da quella casa sono nate le chiacchiere e le calunnie su di me negli anni immediatamente successivi; questi discorsi, raccolti da animi ostili, divennero immediatamente un grande incendio nella pubblica fama, alimentato e gonfiato dall'ignoranza e dalla superstizione. Se non m'inganno, in questo modo comprenderete che sarebbe stato facilmente possibile che la mia famiglia non soffrisse vessazioni durate sei anni e che io stesso non sarei stato costretto al viaggio costretto a fare l'anno passato: sarebbe stato sufficiente che io avessi violato gli ordini datimi in sogno da questa Fiolsilde. Adesso, quindi, mi è molto piaciuto vendicare questo mio sogno dalle molestie che vi ho riferito. Per gli avversari costituirà un'altra pesante punizione".