Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.
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venerdì 10 luglio 2020

QUINTINO SCOZZI Lo studioso alla ricerca delle origini di Melissano


QUINTINO SCOZZI
Lo studioso alla ricerca delle origini di Melissano (1)
Pubblicato in Presenza Taurianese. anno XVIII, n. 7, luglio 2020, pp. 13-14



Quintino Scozzi (Melissano, 1928-1991). Docente di Lingua e Letteratura Francese, è stato  tenace e attento ricercatore di documenti e di testimonianze della storia e della vita di Melissano, suo Paese natale, delle cui vicende lavorative, sociali, politiche e culturali – indagate sempre con oggettività e riferite con provata attendibilità - è stato custode vigile e geloso, sempre impegnato con dedizione e responsabilità, unite a riserbo e discrezione. La produzione storico-letteraria di Quintino Scozzi occupa l’ultimo decennio della sua vita, ma i contenuti dei suoi lavori covavano già da molti anni nella sua mente e nel suo animo, cioè scovare con sicura certezza le origini e lo sviluppo della Città di Melissano, poiché era persuaso che la conoscenza storico-geografica del territorio e delle sue tradizioni gli avrebbe fatto prendere una più solida consapevolezza dei caratteri fondamentali anche del temperamento e della cultura ereditati da lui e dalla comunità dei suoi concittadini. In ogni città restano indelebilmente impresse le orme dei suoi abitanti. Convinzione, questa, manifestata espressamente già alla chiusa della Introduzione al suo primo volume pubblicato, in cui, citando Anatole France, fa dire a un’antica città: «Io sono vecchia ma bella, e i miei figli hanno ricamato sulla mia veste torri, monumenti e campanili. Io sono una mamma pia e insegno il lavoro e l’arte della pace. Io nutro i miei figli nelle braccia. Finite le loro fatiche, essi vengono ai miei piedi. Essi passano, ma io resto per conservare il loro ricordo»[1]. E’ la convivenza umana - sostiene con convinzione l’Autore -  che plasma i caratteri degli uomini, li educa alle virtù morali del bene e li guida al perseguimento collettivo della giustizia e della pace, a patto, però, che tutto si svolga nell’ossequio della memoria storica delle generazioni precedenti, fatta d’inevitabili errori e difetti (da evitare), ma anche di valori creduti e di progetti condivisi (da accogliere e proseguire). Le generazioni dei cittadini passano e passeranno, ma il loro patrimonio valoriale e culturale resterà nel futuro a beneficio comune, solo se rimarrà scritto su carte, rappresentato in opere d’arte, scolpito  su pietra,  conservato e custodito dalla città.

Da questa consapevolezza trae origine la passione tenace, che spinge Quintino Scozzi a scoprire le origini veraci di Melissano fino allora ignorate, a rintracciarne e a interpretarne sia eventuali testimonianze storico monumentali sia antichi documenti cartacei forse trascurati del tutto. Era convinto, infatti, della necessità d’approdare a una conoscenza veritiera del passato, onde si potessero fondare su basi sicure sia progetti del presente e sia speranze del futuro. E, da studioso attento e solerte, è riuscito a scovare e portare alla luce «Pagine del passato - puntualizza in Leghisti e fascisti a Melissano -, che hanno il solo scopo di far conoscere alle presenti e future generazioni vicende che suscitarono, un tempo, risentimenti e passioni, odi e polemiche, agitazioni e vendette»[2]; cioè, ha rinverdito la memoria del Casale di Melessano. La vita d’un popolo dimentico e noncurante della sua memoria avrà la possibilità solo d’un’esperienza di scampoli d’un presente di corto respiro e sarà incapace d’una prospettiva certa e ordinata di futuro: il suo potrà anche sembrare un temporaneo avanzare, ma in realtà sarà un sostanziale graduale regredire. «L’onesto uso della memoria – ha scritto autorevolmente Paolo Mieli - è il più valido antidoto all’imbarbarimento. E lo è in ogni stagione politica, in ogni momento del dibattito culturale, in ogni epoca della storia»[3]. L’interesse storiografico di Quintino Scozzi, quindi,  non è determinato da  fredde esigenze intellettive o da aspirazioni di sterile erudizione, ma da profondo senso morale, che gli detta il dovere etico – in quanto cittadino impegnato nel campo della cultura .- di acquisire salda padronanza dei primordi del suo Paese natio, per risvegliarli e condividerli con i suoi concittadini. Solo radici robuste e integre possono produrre frutti sani e salutari; infatti, è lui stesso a confidare esplicitamente: «Il vivo desiderio di conoscere le origini del paese natio e di portare alla luce quanto fosse possibile mi ha spinto a frugare  negli scritti più riposti delle biblioteche. Ciò, anche – sottolinea e puntualizza - nell’intento di far cosa utile, quindi gradita, ai miei concittadini e soprattutto a quanti amano ripercorrere attraverso la lettura, le vie del passato»[4].

Fortemente motivato in questo progetto, Quintino Scozzi valutò accuratamente e con senso di responsabilità ogni aspetto dell’ardua impresa, ricercò e individuò i probabili luoghi ove recarsi, per rinvenire fonti certe e significative; rintracciò con umiltà e con non poca fatica testimonianze verificabili, fedeli, accertate e credibili. In realtà, era ben consapevole dei pericoli, cui poteva incorrere uno storiografo e del rischio, quindi, di scrivere una storia tendenziosa e romanza al posto d’una storia oggettiva, documentata e impersonale. Ed evidenzia in più luoghi e sottolinea esplicitamente il carattere oggettivo e impersonale dei suoi lavori, in cui non c’è affermazione che non sia o documentata o dichiarata come sua ipotesi da approfondire e verificare. Uno dei problemi d’ogni storiografo, infatti, è saper conservare l’onestà intellettuale e garantire l’oggettività e la completezza dei fatti narrati, guardandosi da ogni piaggeria, astenendosi da ogni settarismo e - soprattutto - scongiurando funesti ostracismi di fatti e di persone: si falserebbe l’integrità della verità, che prima o poi riemergerà e ristabilirà il vero. E’ certamente utile, infatti, criticare, emendare e individuare contraddizioni dei tempi passati, al fine di renderli fondatamente più saldi, per poter modificare o aggiustare i progetti del presente, ma «Ben diverso (e diffuso, purtroppo) – avverte con rammarico il Mieli - è il ricorso a forzature della memoria come arma per farci tornare i conti nel presente. Un’arma usata con infinite modalità di manipolazione, che producono danni quasi irreparabili alla coscienza storica, deformano il passato, intossicano il ricordo collettivo anche dei fatti più prossimi. E che, come tale, merita di essere combattuta»[5]. Sostenuto da questi sentimenti, lo studioso  melissanese diede avvio alla sua opera e «Incominciai, così, - scrive - a consultare, con pazienza direi basiliana, atti e volumi giacenti negli archivi. Devo precisare che scarne sono risultate le fonti di indagine storica e pertanto non ho la pretesa di aver compiuto un lavoro esauriente, ma il modestissimo merito, e solo quello,  di aver scovato  e messo insieme alcune fronde sparte»[6]. E, anticipando l’obbiezione, che qualcuno avrebbe potuto rivolgergli, con senso di misura, ma con piena consapevolezza delle sue fatiche, anticipare e avverte: «A chi trovasse carente o tediosa questa anamnesis loci chiedo di non volermene: è quanto mi è stato possibile realizzare. La storia, si sa, non è un avvincente romanzo di fantasia o una divertente commedia d’intrigo, ma una esatta esposizione di fatti realmente accaduti»[7].

«La memoria – ha affermato recentemente a Bergamo il Presidente Sergio Mattarella   ci carica di responsabilità. Senza coltivala rischieremmo di restare prigionieri di inezie, di vecchi vizi da superare». Le ricerche e gli scritti di Quintino Scozzi custodiscono e tramandano la memoria  dei progenitori dei Melissanesi, i quali oggi sono caricati della responsabilità di conoscerla e onorarla.



[1] In Q. SCOZZI, in Un Paese del Sud. Melissano - Storia e Tradizioni Popolari, Tipografia di Matino,  1981, p. 11.
[2] Q. SCOZZI, Leghisti e fascisti a Melissano nel primo dopoguerra,  Tipografia di Matino,  1983, p. 7.
[3] P. MIELI, L’arma della memoria. Contro la reinvenzione del passato, Rizzoli Editore, Milano 2005. p. 13.
[4] Q. SCOZZI, Un Paese del Sud, Idem, p. 8.
[5] P. MIELI, L’arma della memoria,  Idem, p. 13.
[6]. SCOZZI, Un Q Paese del Sud, Idem, p. 10.
[7] SCOZZI, Un Q Paese del Sud, Idem, p. 11.