La Fondazione Trentina “Alcide De Gasperi” ha invitato a tenere - domani martedì 18 agosto - la Lectio degasperiana 2015 su “La ricostruzione italiana. Il modello e l’esempio di Alcide De Gasperi”, il vescovo Nunzio Galantino, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana. Il prelato ha dichiarato che, dopo un’iniziale titubanza, ha deciso di accettare per due motivi: che “non è mai giusto sprecare occasioni di confronto e di riflessione” e per “il desiderio di poter rendere onore, come figlio di un antico militante democristiano nella terra di Giuseppe Di Vittorio e come vescovo, a un cristiano così libero e coraggioso come è stato Alcide De Gasperi”. Valide e nobili motivazioni. Come davvero significativa appare la scelta – per quanto è stato anticipato anche dalla stampa – dei tre “cardini” su cui verterà la sua dissertazione. Cioè: le istituzioni, ossia il rispetto delle Istituzioni e, in particolare, del Parlamento; il bene comune, ossia l’ideale supremo dell’azione politica; la laicità, ossia la libertà dell’agire politico da ogni influenza ideologica, finanziaria e religiosa. Galantino porrà l’accento su questi tre aspetti rilevanti lasciati in eredità dal grande statista trentino, per cui emergerà sicuramente la figura di un De Gasperi quale costruttore tenace e convinto del sistema costituzionale italiano e quale infaticabile difensore delle scelte da lui operate sia come capo del suo partito e come Presidente del Consiglio dei Ministri.
I tre
“cardini” sottolineati sono indiscutibilmente fondamentali. Ma, in
considerazione anche delle ultime vicende che hanno visto coinvolti il vescovo
e parte del mondo della politica, particolarmente rilevante sarà il tema della
laicità della politica. Infatti, è di enorme rilevanza che la Chiesa italiana –
per bocca dei suoi vescovi – riproponga il modello e la testimonianza di De
Gasperi, e che voglia farsi promotrice di una ripresa della sua eredità anche cattolica.
E’ un fatto positivo indiscutibile, di cui sembra esserci bisogno in questi
nostri tempi di turbolenze ideologiche e di smarrimento etico. A patto che non
si voglia dimenticare (o anche solo
sottacere) il coraggioso atteggiamento di Alcide De Gasperi nei riguardi anche del
Pontefice e della Curia romana di quegli anni, segnati da grandi fermenti
culturali e politici e impegnati nel difficile lavorio di ricostruzione
materiale e morale dell’Italia. Non si può dimenticare, infatti, che nel 1952
Pio XII propugnò con estremo autoritarismo e con ogni forza un patto politico di
tutti i cattolici, al fine di preparare, proporre, difendere e realizzare un
programma mirante a preservare la Roma cristiana: “E' tempo – disse il papa -
di scuotere il funesto letargo (…). E’ tutto un mondo che occorre rifare dalle
fondamenta, che bisogna trasformare da selvatico in umano, e da umano in
divino, vale a dire secondo il cuore di Dio”. De Gasperi si oppose e,
insieme ai suoi compagni, influenzati anche dal pensiero di Jacques Maritain (peraltro
già ambasciatore di Francia presso la Santa Sede) propugnò un partito politico
e, quindi, uno Stato laico e aconfessionale. Ne seguirono comportamenti non
certo adeguati alla gerarchia ecclesiastica. Dopo poche settimane, infatti, il
Papa rifiutò di ricevere De Gasperi in udienza, in occasione del suo trentesimo
di matrimonio e della professione perpetua della figlia suor Lucia. Il
Presidente De Gasperi allora, umile ma fermo, credente cristiano ma uomo
integrale, convocò l'ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede, al quale
dichiarò che come cristiano accettava l'umiliazione, ma come Presidente del Consiglio
protestava e chiedeva spiegazioni a chi di competenza. Né in seguito si fece
problema di ribadire al Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana, il 20
marzo 1954, che la DC non era un “partito confessionale, emanazione
dell'autorità ecclesiastica”, e rimarcava, con convinta e realistica visione
politica, la necessità storica di chiamare e coinvolgere al governo forze di
altra ispirazione, unico mezzo per consolidare la nascente democrazia italiana.
Come tutta risposta Pio XII ordinò alla “Civiltà Cattolica” di scrivere un
articolo contro De Gasperi, precisando quella che doveva essere l’unica vera
dottrina della Chiesa. Non a caso veniva sempre meno in quegli anni
l’autorevole influenza all'interno del Vaticano di mons. Giovanni
Battista Montini, che si era speso per far retrocedere Pio XII dalla decisione
di non ricevere De Gasperi; anzi, nel novembre 1954 mons. Montini fu
allontanato dalla Curia e nominato arcivescovo di Milano, ma senza essere creato
cardinale. A ciò pensò papa Giovanni XXIII con uno dei primi atti del suo
pontificato. Montini percorse tutte le tappe nella vita ecclesiastica fino ad
accettare il gravoso “servizio pontificale”; mantenne costantemente ferrea
fedeltà ai suoi doveri pastorali e intatta coerenza ai dettami della sua
coscienza. Seppe riconoscere, stimare e frequentare anche “laici” saggi, onesti
e anch’essi servitori degli uomini: basti ricordare, per esempio, l’amicizia
con Aldo Moro e la frequentazione di Jacques Maritain. Non a caso, alla
chiusura del Concilio Vaticano II, il papa Montini consegnò simbolicamente
proprio al filosofo Maritain il messaggio indirizzato “agli uomini di scienza e
del pensiero”, riconoscendolo così degno rappresentante degli intellettuali. Il
Maritain, da parte sua, scriveva pochi mesi ne “Il
contadino della Garonna”: “E’ stata ora proclamata la libertà religiosa.
Ciò che così si chiama non è la libertà che io avrei di credere o di non
credere secondo le mie disposizioni del momento e di crearmi arbitrariamente un
idolo, come se non avessi un dovere primordiale verso la Verità. E’ la libertà
che ogni persona umana ha, di fronte allo Stato o qualsiasi altro potere
temporale, di vigilare sul proprio destino eterno, cercando la verità con tutta
l’anima e conformandosi ad essa quale la conosce, e di ubbidire secondo la
propria coscienza. La mia coscienza non è infallibile, ma io non ho mai il
diritto di agire contro di essa”.
Se ciascun
uomo non a il diritto di agire contro la propria coscienza, nessuno potrà
imporre atteggiamenti che non siano prima capiti, accolti e condivisi. Non
esiste “autorità” che possa dettare idee e prescrivere comportamenti.
Soprattutto chi ha per proprio mandato la cura delle anime. E’ questo un
insegnamento degasperiano che non può rimanere all’ombra delle celebrazioni
teoriche e tanto meno delle strumentalizzazioni di parte. Si può costruire
qualcosa di vero e di utile per tutti solo col dialogo rispettoso e
argomentato, e giammai con la forza della irritazione, anche se fortemente
sollecitata e ispirata al meglio. Si può contribuire a “ricostruire” la vita
italiana - anche politica - con la fermezza nei propri convincimenti e con la
fedeltà al senso del proprio compito, e non necessariamente ricorrendo allo
scontro e all’offesa di chi la pensa diversamente o agisce con prepotenza.