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giovedì 14 maggio 2020

ORGANIZZAZIONE DEI PARTITI E DEMOCRARAZIA IN ITALIA Ripensando la Costituzione della Repubblica Italiana


In Italia il panorama della vita politica e il tenore dei rapporti tra i partiti non sono certo rassicuranti. Specialmente in questo periodo di pandemia lo scenario presentato dalle condizioni psicologiche,  sociali ed economiche dei cittadini è davvero preoccupante, a causa anche della congiuntura sanitaria. Le programmazioni proposte dai protagonisti politici e governativi appaiono piuttosto deboli e inadeguate, attente per lo più a questioni settoriali e di breve respiro, anche se non prive di una loro intrinseca importanza; la stessa vita interna dei partiti politici non dà spettacolo né di responsabilità collettiva né di concreti contributi individuali; anche la libertà dei cittadini risulta di fatto sostanzialmente limitata. Barcollano i fondamenti della vita sia privata sia pubblica, benché siano sorretti da una ben salda tradizione. Infatti, il ritmo, con cui da ogni parte si reclamano modifiche e si rivendicano interventi di giustizia sociale, è così convulso e caotico da dominare e spaventare l’animo dei cittadini, i quali, di conseguenza, osservano con superficialità gli accadimenti, senza prendersi il tempo necessario per riflettere con pacatezza, valutare con saggezza e scegliere con cognizione di causa. In tale situazione caotica, pertanto, mancano le condizioni indispensabili per una chiara visione complessiva dei problemi, adeguata a trovarne soluzioni assennate e utili. In simili momenti difficili e confusi, infatti, vengono meno il controllo delle volontà e il dominio sugli istinti dell’egoismo e del rancore. In questi ultimi anni, inoltre, le menti dei cittadini sono offuscate e le loro coscienze sono smarrite, poiché assistono a tutti i livelli, al posto del dialogo civile e del confronto politico, a scontri passionali e a funeste lotte intestine.

Per un futuro desiderabile per il nostro Paese è necessaria, perciò, una pausa di riflessione pacata e concreta, al fine di restaurare l’unità degli spiriti e ristabilire le difese naturali dell’onestà morale, dell’etica politica e della solidarietà sociale. Conquiste, queste, tutelate soltanto dalla libertà di pensiero e dall’autonomia di giudizi critici da parte di tutti i cittadini. Quando, invece, prevale lo spirito di parte, allora emerge minaccioso il fanatismo dei singoli e dei gruppi, con tutte le sue nefaste conseguenze. Lo sviluppo dei cittadini, delle società e degli stati è il risultato del loro avanzamento soprattutto culturale, grazie al quale  da agglomerato d’individui reciprocamente sospettosi, diventino popoli, cioè  insieme di cittadini operosi e corresponsabili. Per realizzare concretamente quest’obiettivo sociale, è indispensabile riferirsi e affidarsi a un’idea di uomo oggettivamente vera e globale, e non parziale e settoriale. Ora, è universalmente condiviso che l’uomo è un essere di natura e di cultura, cioè che si nutre, che pensa e che si unisce in società. Di conseguenza, ogni modello di uomo, che neghi o sopravvaluti una qualunque delle componenti umane, non potrà mai pretendere di formare l’uomo-cittadino autentico.

Nel mondo attuale generalmente non godono di molto credito – benché in alcuni Paesi se ne tessa l’apologia e se ne tenti la pratica - le tradizionali opposte dottrine del sociologismo collettivistico e dell’individualismo borghese. Oggi, in verità, si osanna, si sostiene e si promuove - quale valido e invidiabile protagonista – il moderno uomo democratico, che, come profetizzava già due secoli or sono Alexis de Tocqueville, rivendica decisamente le proprie connotazioni: intolleranza per ogni norma e disciplina perché deprimenti, fiducia piena nello spontaneismo della natura e dell’umanità, certezza piena dell’autosoluzione d’ogni congiuntura economico-sociale. A questo punto sembra necessario indagare e verificare la possibilità d’una concezione socio-politica alternativa, che – in chiave personalistica integrale – possa dar vita a una democrazia, in cui ogni uomo sia riconosciuto e rispettato come persona di pari dignità ed escluda, in un contesto di condivisa solidarietà, le opposte pericolose soluzioni dell’omologazione e dell’esclusione.

Il popolo italiano potrebbe ritenersi già ben incamminato per questa strada, grazie all’ordine giuridico e all’ordine  politico codificati nella Carta Costituzionale, frutto della collaborazione positiva e leale delle tre grandi anime culturali, che hanno ricostruito l’Italia nell’ultimo dopoguerra: l’anima socialista, quella liberale e quella cattolica. Primo insostituibile fondamento, infatti, è l’equivalenza cittadino-lavoro, considerato come rapporto economico, ma rivendicato anche e soprattutto come valore umano; quindi, non come criterio di appartenenza a una delle classi sociali, ma come inalienabile diritto-dovere di realizzare la propria vita personale (artt. 1 e 4) e di ottemperare, come cittadini, ai “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” nell’ambito della nazione (art. 2) e nel contesto internazionale (art. 10). La solidarietà viene estesa, poi, a confini sempre più vasti, fino a farli coincidere con i confini del mondo: l’Italia, - fu stabilito - “in condizioni di parità con gli altri Stati, consente alle limitazioni di sovranità necessarie”, per realizzare “la pace e la giustizia fra le Nazioni” (art.11). D’importanza non meno rilevante è, ancora, il riferimento al principio di solidarietà dovuta – in virtù della pari dignità dell’uomo - a proposito della tutela della salute, riconosciuta “diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività” (art.32) e a garanzia dell’istruzione universale, dichiarata come diritto a una “scuola aperta a tutti” (art.34).

Il popolo italiano - così concepito, definito, indirizzato e governato – è l’unico titolare della sovranità nazionale (art 1), che esercita sostanzialmente e concretamente in conformità del dettato del disposto combinato degli articoli costituzionali 48, 49 e 67, cioè. mediante l’associazione libera e la responsabile partecipazione attiva ai “partiti politici democraticamente fondati” al fine di “concorrere a determinare la politica nazionale”; mediante l’esercizio del voto “personale, libero, segreto”; mediante la delega al Parlamentare eletto di “rappresentare la Nazione” e di “esercitare” le funzioni del potere delegatogli per il bene comune dell’intera Nazione “senza vincolo di mandato”. I Padri Costituenti, quindi, hanno voluto individuare i limiti di competenza d’ogni soggetto coinvolto, allo scopo di definire e tutelare la sostanza e le modalità del sistema democratico italiano, con cui dev’essere governata la Nazione-Italia, tutelandola dai pericoli di perniciose trasformazioni involutive, prodromo di tentativi oligarchici e di tentazioni autoritarie. Il nerbo, quindi, della Repubblica Democratica Italiana – per esplicita risoluzione e ripetuta dichiarazione dei Padi Costituenti - è il partito politico. Microcellula che dà vitalità e legittimazione a ogni struttura governativa e a ogni funzione amministrativa, il partito è  la realtà presente e operante in ogni luogo dell’intero territorio nazionale ed è in esso che i cittadini partecipano liberamente, discutono responsabilmente e comunicano ai loro parlamentari deputati le risultanze dei loro dibattiti, propongono iniziative ritenute necessarie e indicano progetti e traguardi convergenti verso  il bene comune. Solo nel rispetto sostanziale di queste norme nel Parlamento siedono delegati del popolo, altrimenti la realtà diventa decisamente diversa, soprattutto perché la voce del popolo rimane ignorata e le sue volontà  manipolate o soffocate del tutto.

Considerando la situazione attuale della politica italiana non si fa fatica a prendere atto che l’ordine giuridico e l’ordine politico stabiliti dalla Costituzione sono stati lentamente, tacitamente, subdolamente - ma sostanzialmente -  tramutati. E’ una realtà manifesta che sta sotto gli occhi di tutti.  E con preoccupata attenzione ci soccorre quanto ha scritto nelle “Leggi” più di due millenni orsono” Cicerone, uno dei  “Padri salvatori della Repubblica Romana”.  “La Legalità – scrive perentoriamente - è elemento Morale, che corrisponde a un’idea di Giustizia; la mente, l’anima, la ragione, l’intelligenza di una comunità, tutto è basato sulle Leggi”. A constatare, invece, che a bistrattare la Costituzione – origine sicura e garanzia provata d’ogni Legge - spesso sono organismi governativi e a disattendere le leggi sono quelli che dovrebbero, dopo averle scritte, anche applicarle e rispettarle, ci soccorrono le avvertenze dateci due millenni e mezzo fa da Platone nel VI libro della Repubblica: “In una nave – si legge - i marinai ignoranti tengono incamerato il  capitano Demos, che è un uomo più grande e più forte, anche se un  po’ sordo e dalla vista cagionevole; i marinai,  si contendono il timone; se non riescono a ottenerlo con le preghiere, ammazzano o buttano fuori bordo i concorrenti, o drogano il capitano. Ed esaltano chi li aiuta in queste loro iniziative, trattandolo come un esperto, anche perché, pur essendo privi di conoscenze tecniche e di pratica, pensano che l'arte del pilota si acquisisca semplicemente prendendo il governo della nave, mentre viene trattato come un inutile chiacchierone con la testa fra le nuvole il pilota competente, che  sa molto bene che ci si deve preoccupare dell'anno e delle stagioni, del cielo e degli astri”.

Per una vita politica d’una società veramente all’altezza e coerente con la dignità degli uomini, sono richieste saggezza e prudenza, competenza ed equilibrio, saper riconoscere e accettare ciò che i singoli momenti richiedono senza la presunzione di poter orientare il corso degli eventi da soli, senza il confronto disponibile all’ascolto e il dialogo   pacato e ragionevole. Per evitare il doppio opposto errore della cattiva politica, è quanto mai opportuno, nei momenti di crisi, riflettere sull’insegnamento, che ha lasciato per i posteri di tutti i tempi il vecchio Platone: "Quando un Popolo – avverte nell’VIII libro della Repubblica - divorato dalla sete della libertà, si trova ad avere come capo alcuni coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino ad ubriacarlo, allora accade che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati reazionari e tiranni.
E avviene pure che colui che si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito uomo senza carattere e servo, che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffa di lui e lo contestano, che i giovani pretendono gli stessi diritti, la stessa considerazione dei vecchi, e questi per non parer troppo severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo né rispetto per nessuno.
In mezzo a tanta licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia".