Nel corso dell’esistenza umana si sperimenta e,
quindi, necessariamente si deve riconoscere e accettare che la vita in ogni suo
aspetto (personale e familiare, sociale e relazionale, professionale e
lavorativo) non è mai staticità e inerzia; infatti, non sarebbe vita, ma morte.
La vita, di conseguenza, comporta inevitabilmente cambiamenti, che richiedono adeguati
mutamenti talora sostanziali.
L’uomo è chiamato a comprendere con decisione questa
verità effettuale, se ha l'intenzione di ricercare realmente il senso vero delle
varie situazioni, che si susseguono e investono casi positivi e gratificanti,
ma anche momenti avversi e infelici. Ben fermo, allora, nella sua onestà morale
e saldamente ancorato sulla sua saggia fedeltà, egli opera scelte coerenti, che
sono spesso fondamentali, decisive e talora anche difficili. Sono, infatti, scelte,
che spesso richiedono coraggio e pesano moltissimo, e tuttavia destinate a dare
senso nuovo e vero al proprio esistere. Se non si ha la forza di allargare lo
sguardo oltre l’orizzonte d’un proprio presente tranquillo e confortevole, per scrutare
un oltre per lo più misterioso e temuto, si rischia di rimanere irretiti e
schiacciati da un presente ormai privo d’ogni consistenza. Non si può restare
attaccati ai più o meno ampi confini d’un’esistenza pacifica perché immobile e immutata,
a meno che non ci s’illuda d’attribuire un peso anche all’inconsistente e un significato
all’impossibile e, proprio per questo, assurdo e insensato. Tutto scorre; anche
il tempo scorre. Scorre anche ogni giorno della vita umana. Ciascun uomo ha
ogni giorno l’opportunità o di scolpire, come su dura pietra, quotidiani documenti
imperituri di vita autenticamente vissuta oppure di scribacchiare, come su
fogli cartacei marcescibili, casuali scarabocchi degni solo del macero.
Verità certamente facile a dirsi, forse anche difficile
a comprendersi, ma sicuramente molto arduo a realizzarsi. Non è eccessivo
paragonare i momenti di questi stati d’animo ai dolori del partorire: senza dolore
lacerante non viene alla luce una vita nuova, che sarà poi anch’essa un’avventura
di luce e di buio, di bello e di brutto, di bene e di male, di gioia e di
dolore, d’entusiasmo e di sfiducia, di voglia di vivere e di tentazioni di odio
verso tutto e tutti.
Il percorso della vita si realizza, quindi, in
continui cambiamenti determinati dal mutare dei convincimenti personali e delle situazioni sociali e culturali: si
tratta, quindi, di mutamenti sollecitati dall’evolvere sia della propria personalità
e sia del mondo esterno. Se si trattasse, però, di alternative ricorrenti
normalmente, non nascerebbe alcuna difficoltà; i problemi nascono, invece,
quando i dettami del proprio animo e le richieste della storia e del mondo
socio-culturale sono differenti se non addirittura opposti. E’ in questi casi che nasce il
grave interrogativo: cosa sono la coerenza e la fedeltà?
Viene subito incontro l’ammonimento di Mahatma
Gandhi: “Meglio un
milione di volte sembrare infedeli agli occhi del mondo che esserlo verso noi
stessi”. La fedeltà e la coerenza, infatti,
sono sostanzialmente il segno e la manifestazione del benessere interiore personale.
E' una condizione di equilibrio, di serenità e di contentezza, in cui ci si
sente esattamente come si desidera essere e in cui si ha proprio ciò che si
desidera avere: “Solo
chi è fedele in se stesso – avverte Erich Fromm - può essere fedele agli altri”;
quegli “altri”, che a volte – anche pensando onestamente e comportandosi in
buonafede, addirittura mossi da zelo sincero e persino sollecitati e confermati
da elementi apparentemente indiscutibili – corrono il rischio di fraintendere verità
personali e obiettive e di snaturare realtà individuali e collettive. Anche in
questa circostanza, però, la serenità e la contentezza interiori possono essere
solo lambite da brevi momenti di tristezza morale causata da equivoci,
confusioni e ambiguità, ma giammai turbate nella loro essenza.
Questa condizione di benessere interiore, però, non è da
confondere con la chimera della felicità (pura aspirazione dell’uomo d’ogni età)
e non è caratterizzata
dalla quantità di esperienze positive e gratificanti, in quanto in essa
permangono tutti gli elementi di fatica, di tedio, di dolore. Ogni avvenimento
in qualunque ambito accada - purchè ponderatamente deciso e definito dentro l’orizzonte
di fedeltà e di coerenza alla totalità della propria personalità - comporta
sempre un arricchimento e produce crescita, benché s’accompagni sempre a stati
d’animo di turbamento: i logici motivi della ragione non sempre sono in
sintonia con gli umani sentimenti dell’animo; e riorganizzare le nuove modalità
di vita richieste dalla propria fedeltà e coerenza è impresa non facile, ma delicata
e talora lunga e difficoltosa.
Di
conseguenza, fedeltà e coerenza in qualunque ambito non sono un valore in sè e
per sè, ma sono sempre agganciate a una scelta di vita, che abbia valore in sé
e che ne fondi la validità: coerenza e fedeltà scaturiscono sempre da una
scelta personale di fondo e sono indirizzate al raggiungimento d’un obiettivo motivato
interiormente e giustificato da situazioni storicamente concrete. Nel corso della vita sono molte le strade che si
presentano, ma una sola è quella veramente giusta: si tratta di capire quale sia, fra tutte le
altre: cosa non sempre agevole, perché può essere fra quelle meno comode e
invitanti; anzi, può presentarsi addirittura sbarrata dai rovi e soffocata da
una densa vegetazione, che ne rendono arduo il cammino. E tuttavia un richiamo
misterioso, segreto, irresistibile spinge verso di essa, se si è capaci di fare
un po' di silenzio nell'animo. Fedeltà e coerenza, pertanto, non sono due facce
del comportamento umano, bensì due elementi sostanziali, che costituiscono
l’intero spessore vitale d’ogni uomo, racchiuso in un progetto globale dettato
dalle spinte della totalità umana: ragione, mente, esperienza, cuore,
sentimento, sostenuti sempre da una volontà tenace e soprattutto da una
personalità umile e dignitosa, perché libera da tutti e da tutto, anche da se
stessa (altrimenti si trasformerebbe in idolo che schiavizza subdolamente).
Percorrere con perseveranza il cammino della vita con
fedeltà e coerenza ai convincimenti del proprio animo è difficile, anzi
significa rasentare l’eroismo etico. Chiunque, infatti lo testimoni, è uno
straniero nel mondo e un anormale nella storia (o almeno così è guardato quasi
sempre). Chiunque cammini per le strade della città senza indossare la maschera
della finzione e dell’ipocrisia è additato come un fenomeno strano e
inquietante dai più, i quali, invece, non se la tolgono mai. In verità, ogni essere
umano resta sempre uno straniero per gli altri, in quanto ciascuno porta in sè il
proprio mistero e la propria solitudine e cova nell’intimità del proprio animo suoi
interrogativi, che nessuno conoscerà mai e ai quali egli stesso forse non saprà
dare mai una risposta. A quest’isolamento costitutivo della natura umana s’aggiunge,
però, un altro isolamento, forse più amaro: quello cui è condannato chiunque si
sforzi d’essere autentico in qualunque circostanza, senza piegarsi alla
direzione da cui soffia il vento della convenienza egoistica e del calcolo
privato; è l’isolamento cui lo condannano spesso l'indifferenza proprio degli
“altri”, la sorda ostilità del vicino e, dolorosamente, la noncuranza dell’amico.