Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.
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martedì 15 gennaio 2008


Herbert Marcuse in Eros e Civiltà, nella Prefazione politica 1966, scriveva:

Eros e Civiltà: con questo titolo intendevo esprimere un’idea ottimistica, eufemistica, anzi concreta, la convinzione che i risultati raggiunti dalle società avanzate potessero consentire all’uomo di capovolgere il senso di marcia dell’evoluzione storica, di spezzare il nesso fatale tra produttività e distruzione, libertà e repressione – potessero, in altre parole, mettere l’uomo in condizione di apprendere la gaia scienza (gaya ciencia), l’arte cioè di utilizzare la ricchezza sociale per modellare il mondo dell’uomo secondo i suoi istinti di vita, attraverso una lotta concertata contro gli agenti di morte. Questa visione ottimistica si basava sull’ipotesi che non predominassero più i motivi che in passato hanno reso accettabile il dominio dell’uomo sull’uomo, che la penuria e la necessità del lavoro come fatica venissero ormai mantenuti in essere “artificialmente”, allo scopo di preservare il sistema di dominio. Allora avevo trascurato o minimizzato il fatto che questi motivi ormai in via di estinzione sono stati notevolmente rinforzati (se non sostituiti) da forma ancora più efficaci di controllo sociale. Proprio le forze che hanno messo la società in condizione di risolvere la lotta per l’esistenza sono servite a reprimere negli individui il bisogno di liberarsi. Laddove l’alto livello di vita non basta a riconciliare le genti con la propria vita e con i propri governanti, la ‘manipolazione sociale’ delle anime e la scienza delle relazioni umane forniscono la necessaria catarsi della libido. Nella società opulenta, le autorità non hanno quasi più bisogno di giustificare il dominio che esercitano. Esse provvedono al continuo flusso dei beni; esse provvedono a che siano soddisfatte la carica sessuale e l’aggressività dei loro soggetti; come l’inconscio, il cui potere di distruzione esse personificano con tanto successo, esse rappresentano insieme e il bene e il male, sicchè il principio di contraddizione non trova alcun posto nella sua logica”
(Prefazione politica a Eros e civiltà, pubblicata per la prima volta su “Nuovo Impegno”, anno II, n. 8, Pisa, maggio-luglio 1967, traduzione di Domenico Settembrini (noi citiamo dalla edizione Einaudi del 1964, pp. 33-24).

Il Marcuse prevedeva, o comunque si augurava, ottimisticamente (ma forse ingenuamente) che strutture sociale, istituzioni politiche e organizzazioni governative - che il mondo “civile” si andava costruendo sulle basi di concezioni liberistiche, animate, quindi, dall’unico “parametro valoriale” dell’economia di mercato – contenevano in sé qualche potenzialità di accrescimento di civiltà e d’ incremento di valori umani. Quasi si potesse sperare che condizioni economicamente più ricche si traducessero in situazioni umane più degne e a più reale dimensione dei fondamentali diritti personali.

Noi dubitiamo che si potesse nutrire ancora una simile speranza anche come possibilità eventuale. Soprattutto dopo quello che Jacques Maritain aveva scritto già nel 1936 e che confermerà proprio nel 1966, quando il Marcuse dettava le idee riportate sopra.

Il filosofo francese, infatti, nell’Umanesimo integrale (1936), dopo l’acuta analisi del mondo contemporaneo e nella prefigurazione di un futuro possibile per la futura umanità (condotte ovviamente dal suo punto di vista di “credente” e di neotomista, ma non per questo meno indicative), scriveva:

“C’è un ‘uomo vecchio’ da distruggere. E quale è quest’uomo? E’ l’uomo ‘piccolo borghese’, l’uomo del liberalismo borghese (…). Come, dal nostro punto di vista, potremo caratterizzarlo? (…). Tutta una metafisica idealistica e nominalistica è al fondo del suo comportamento. Di qui, il mondo da lui creato, il primato del segno: dell’opinione nella vita politica, del denaro nella vita economica. Quest’uomo borghese ha negato tutto il male e l’irrazionale in lui, in modo da poter gioire della testimonianza della propria coscienza, da essere contento di sé, giusto per se stesso. Egli prende dimora, così, nell’illusione e nell’inganno d’una falsa coscienza di sé nominalistica. Fa, d’altra parte, grande uso di moralismo e di spiritualismo, è animato da una devozione, spesso sincera e ardente, verso verità e virtù d’ordine naturale, ma le vuota del loro contenuto prezioso e le rende in qualche modo mitiche (…).

Quest’uomo borghese, che dispiace alla coscienza cristiana quanto alla coscienza comunista, il comunismo vuol mutarlo meccanicamente e dal di fuori, con mezzi tecnici e sociali (…). E per ciò aggredisce non solo quest’uomo borghese, ma l’Uomo nella sua stessa natura e nella sua dignità essenziale (…). Checché ne sia delle correzioni arrecate alla teoria per necessità di vita, la teoria conduce a fare dell’uomo una semplice energia della vita comune, perché, per la filosofia marxista, ogni valore trascendente, qualunque esso sia, è legato allo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo."

(Umanesimo integrale, trad. it., Borla, Milano 1973, pp. 118-125).

Nel 1966, il medesimo Jacques Maritain, scrivendo Il contadino della Garonna, premetteva alcune pagine, nelle quali esponeva i motivi essenziali che invitavano – a suo modo di vedere – ad esultare grazie alle immense concrete conquiste che la Chiesa Cattolica e l’Umanità intera aveva realizzato grazie alla celebrazione delk Concilio Ecumenico Vaticano II. Tra l’altro scriveva:

“Si esulta al pensiero che è stata proclamata la libertà religiosa. Ciò che così si chiama non è la libertà che io avrei di credere o di non credere secondo le mie disposizioni del momento e di crearmi arbitrariamente un idolo, come se non avessi un dovere primordiale verso la Verità. E’ la libertà che ogni persona ha, di fronte allo Stato o a qualsiasi potere temporale, di vigilare sul proprio destino eterno cercando la verità con tutta l’anima e conformandosi ad essa quale la conosce, di ubbidire secondo la propria coscienza a ciò che ritiene vero riguardo alle cose religiose (la mia coscienza non è infallibile, ma io non ho mai il diritto di agire contro di essa)”
(Il contadino della Garonna, trad. it., Morcelliana, Brescia 1969, p. 11).

Sono passati circa quaranta anni: e forse le dottrine sia marxista che cattolica potrebbero avere bisogno di una rivisitazione di questi testi, magari con il supporto della breve ed incisiva opera di Tommaso d’Aquino Breve trattato dell’esistenza e dell’esistente, commentato dal Maritain e pubblicato dalla Editrice Morcelliana.

L’uomo contemporaneo potrebbe riscoprire i doveri che gli provengono dalla sua irrinunciabile ed inalienabile responsabilità storica.

lunedì 25 ottobre 2004

LIBERTA’ VERA DI UNA COSCIENZA MORALE AUTENTICA

Ricordo che circa quarant’anni fa lessi con sentimenti di fiducia immensa e di luminosa speranza alcune parole che il filosofo Jacques Maritain – figura di primo piano nella chiesa cattolica d’allora e grande artefice d’importanti decisioni conciliari – scrisse, con coraggio ed entusiasmo, nel 1965 a conclusione dei lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II. Eccole:

“Si esulta al pensiero che è stata ora proclamata la libertà religiosa. Ciò che così si chiama non è la libertà che io avrei di credere o di non credere secondo le mie disposizioni del momento e di crearmi arbitrariamente un idolo, come se non avessi un dovere primordiale verso la Verità. E’ la libertà che ogni persona umana ha, di fronte allo Stato o a qualsiasi potere temporale, di vigilare sul proprio destino eterno, cercando la verità con tutta l’anima e conformandosi ad essa quale la conosce, di ubbidire secondo la propria coscienza a ciò che ritiene vero riguardo alle cose religiose. La mia coscienza non è infallibile, ma io non ho mai il diritto di agire contro di essa”. (Il contadino della Garonna, trad. it., Brescia 1965, p. 11).

Le rileggo oggi. Guardo con occhi disincantati l’uomo del nostro tempo: la fiducia tende a scomparire; e talora s’affievolisce anche la speranza!

domenica 1 gennaio 1978

Il pensiero di Jacques Maritain


Manduria, Lacaita Editore, Collana "Biblioteca di Studi Moderni", 1978, pp.389
“L’impegno dello Scarcella si distingue per serietà di ricerca e soprattutto per intima partecipazione alle idee del filosofo francese, a dimostrazione che il messaggio maritainiano contiene in sé una ricchezza di pensiero e insieme una carica ideale, che gli assicurano una vitalità che trascende le mode culturali. (…). Il libro di Scarcella (…) comprende due parti: una dedicata alle problematiche culturali e l’altra riservata alle problematiche pedagogiche. Questa distribuzione nasce dalla convinzione che ‘nell’ideazione dell’ideale storico concreto e nelle indicazioni per la sua realizzazione il problema pedagogico occupa un ruolo di primaria importanza’. Si badi: Scarcella avverte che ‘Maritain non ha dedicato molto spazio al problema pedagogico’, ma sottolinea nello stesso tempo che ‘oltre a ciò che è espressamente detto nei piccoli ma densi lavori pedagogici, troviamo in tutta la speculazione maritainiana profonde intuizioni e indicazioni fondamentali, che sarebbero molto utili specie nella situazione in cui si trovano ai nostri giorni la pedagogia e l’educazione’ (…). E’ una presentazione, dunque, che (…) mira a individuare alcune problematiche nodali nella riflessione maritainiana e a presentarle secondo ‘convinzioni sicuramente vive e profondamente sentite’, come avverte lo stesso Autore. E il libro si fa apprezzare proprio per questo carattere di partecipazione che caratterizza l’indagine filosofica dello Scarcella”.
(GIANCARLO GALEAZZI, in "Il Ragguaglio Librario", Milano, 1979, n. 3)

venerdì 15 luglio 1977

Aspetti dell’educazione secondo Jacques Maritain


Aspetti dell’educazione secondo Jacques Maritain, (Recensione al numero monografico di Nuovo Chirone, Rivista di Cultura Pedagogica diretta da P. Rossi, ed. Cantelmi, Salerno 1974, nn. 33-34) in “Notes et Documents de l’Institut International J. Maritain”, Milano, Massimo Editore, n. 8, luglio-settembre 1977, pp. 34-39.

venerdì 15 aprile 1977

Fede e impegno politico in Péguy e Maritain


Fede e impegno politico in Péguy e Maritain, in Atti del Convegno Internazionale “Péguy vivant” svoltosi presso l’Università di Lecce dal 27 al 30 aprile 1977, pp. 367-372.

Il pensiero politico di Jacques Maritain

Il pensiero politico di Jacques Maritain, (Recensione al fascicolo monografico di “Humanitas”, 1975, n. 12, ed. Morcelliana, Brescia), in “Notes et Documents de l’Institut International J. Maritain”, Milano, Massimo Editore, n. 7, aprile-giugno 1977, pp. 33-37.

domenica 15 agosto 1976

Per una pedagogia filosofica in J. Maritain


in “Agorà”, fascicolo monografico “Pedagogia e Filosofia in Jacques Maritain”, Japadre Editore, L’Aquila, nn. 10-11, anno IV, 1976, pp. 35-49.

mercoledì 1 gennaio 1975

Problematiche culturali e pedagogiche in Jacques Maritain


Galatina, Editrice Salentina 1975, pp.147
Dalla INTRODUZIONE, pp. 11-12

“La visione cristiana dell’uomo, del mondo e del cosmo intero, e soprattutto l’interpretazione tomista del messaggio cristiano, con il conseguente ‘realismo critico’ in filosofia e il ‘personalismo’ moderato in pedagogia, troppo spesso sono state interpretate – e continuano ad esserlo – in maniera ‘timida’: timidezza che, forse comprensibile e giustificabile in altri periodi della storia, oggi però s’identifica con un atteggiamento che non si può dubitare di chiamare di falsità e di paura. Falsità da parte di alcuni che ancora pretenderebbero di usare la religione cristiana come ‘oppio’ (…); da parte di altri che temono di svilire Dio e di umanizzarlo (…). Più numerosi (e più pericolosi) sono i paurosi: l’autentica visione cristiana significa responsabilità e coraggio, azione e lotta, ripudio di ogni forma di neutralità e accettazione di una parte da sostenere. E’ comodo sentirsi strumenti di una legge universale e necessaria (…). E’ scomodo, perché impegnativo, sentirsi e vivere da artefici principali della propria esistenza storica e da co-attori della storia cosmica (…). Maritain, riproponendo al mondo contemporaneo ‘l’organismo’ filosofico e culturale di S. Tommaso, vuole dimostrare come non si tratta né di svilire la reale persona di Dio, né di voler portare l’aria contaminata di falsi smaniosi modernismi: intende solo dare all’uomo contemporaneo (…) la consapevolezza di ciò che è veramente”.

LEONARDO LEONARDI, Docente nella Facoltà Ecumenica di Bari , in “Il Galatino”, Galatina (Lecce), 13 novembre 1975
“Scarcella sa e sa esporre, ha e sa dare, con linguaggio piano, da latino, mediterraneo che rende facile anche il ‘difficile’ (…). Con serietà scientifica e lealtà morale, penetra il pensiero del grande filosofo cattolico francese e ne evidenzia il primato dell’intelligenza, la nobiltà della persona, il fascino della verità”.