Pausa
di solitudine “interiore”: indefinita densa profonda. Momenti interminabili d’uno smarrimento totale, insospettato. Angosciata sospensione di tutto, strana
misteriosa interruzione di realtà.
Non
la riflessione distaccata sull’origine del proprio esserci, o la ricerca appassionata
del come del proprio esistere, o la struggente inquietudine d’indovinare la
destinazione della propria vita. E neppure il dolente rimuginare i pochi o molti
rapporti più o meno sinceri e disinteressati o calcolati o falsi intercorsi nel
tempo. E nemmeno il rimembrare le passate vicende: belle e gratificanti oppure tristi,
frustranti, talora quasi fatte e destinate per il peggiore andamento della
vita.
Forse
importante, ma certamente penoso, è il bisogno d’intrattenersi mestamente con
se stessi, per poter prendere atto della realtà del naturale evolvere della
vita cosmica in generale e umana in particolare, che inesorabilmente ha un inizio,
uno svolgimento, un termine, secondo una propria inarrestabile ciclicità
esistenziale, dall’incomprensibile criterio. Non meno angosciosa è la voglia di
confortarsi, magari con un malinconico sorriso di auto-commiserazione e di
rassegnata auto-sopportazione; momentanea è anche l’illusione di sostenersi, rannicchiandosi
in un’inerte accettazione di tutto il passato e in una spenta disponibilità a partecipare
a qualunque accadimento futuro. Non si sente neppure lo stimolo a tentare
almeno di non sentirsi e di non viversi fuscello di paglia in balia d’un arcano
destino. Nessun impulso a tentare d’evitare di dover concludere che tutto è soltanto
coincidenza o casualità o addirittura caos.
Ma
.... “toccarsi concretamente” quasi con mano nel fondo della propria realtà,
intuirsi profondamente nel proprio nucleo esistenziale senza alcuna mediazione
di ragionamenti o sentimenti o volontà, verificare inesorabilmente che colui
che si sta quasi toccando con mano, che si sta intuendo identico a sè, che si sta
constatando realmente e con sicurezza come un esistente vivente già nel passato,
nel presente come pensante all’oggi ma nel tentativo anche d’intuire un qualche
flusso premonitore del futuro … è proprio lui!
Lui, ora, da solo, unico come identico a se stesso e necessariamente diverso e diviso da ogni altra realtà: lui che vive come gettato - insieme al tempo - nel cosmo universale, immerso nell’infinità che scorre ora dolcemente ora crudelmente verso un’eternità agognata ma ignota, sperata ma spesso evanescente, forse anche del tutto inconoscibile. Solo; con tutto ciò che è stato e ha fatto. Intuirsi, allora; e viversi nell’assoluto isolamento da tutto e da tutti.
Dichiararsi pronto a riconoscersi serenamente e accettarsi eroicamente come l’unico vero protagonista della propria vita, per cui può e, qualora ne sia il caso, deve dare conto di se stesso solo a se stesso: mai, allora, potrà ingannare la sua intelligenza né circuire la sua coscienza. Per questo diventa ormai pronto ad accogliere tutto ciò che è successo nello scorrere del tempo, sorridendo del bene che gli occorre alla memoria, rammaricandosi del non bene che potrà aver fatto, addolorandosi di qualche eventuale male, di cui però non ricorda nulla in particolare, che spera non sia esistito, ma che sa, qualora l’avesse fatto, che può correlarlo sicuramente alla sua buona fede, perché è sempre stato del tutto estraneo al suo modo di vivere ogni intenzione malevola o malefica.
Lui, ora, da solo, unico come identico a se stesso e necessariamente diverso e diviso da ogni altra realtà: lui che vive come gettato - insieme al tempo - nel cosmo universale, immerso nell’infinità che scorre ora dolcemente ora crudelmente verso un’eternità agognata ma ignota, sperata ma spesso evanescente, forse anche del tutto inconoscibile. Solo; con tutto ciò che è stato e ha fatto. Intuirsi, allora; e viversi nell’assoluto isolamento da tutto e da tutti.
Dichiararsi pronto a riconoscersi serenamente e accettarsi eroicamente come l’unico vero protagonista della propria vita, per cui può e, qualora ne sia il caso, deve dare conto di se stesso solo a se stesso: mai, allora, potrà ingannare la sua intelligenza né circuire la sua coscienza. Per questo diventa ormai pronto ad accogliere tutto ciò che è successo nello scorrere del tempo, sorridendo del bene che gli occorre alla memoria, rammaricandosi del non bene che potrà aver fatto, addolorandosi di qualche eventuale male, di cui però non ricorda nulla in particolare, che spera non sia esistito, ma che sa, qualora l’avesse fatto, che può correlarlo sicuramente alla sua buona fede, perché è sempre stato del tutto estraneo al suo modo di vivere ogni intenzione malevola o malefica.
Solitudine
interiore. Vertigine da panico. Enorme. Dapprima angosciante con tremore, poi immobile
e serena, infine dolce e benevola: tutto, allora, acquista colore e valore. Momenti
sublimi: godersi pacificamente, pacatamente, piacevolmente la calma morale che
rinvigorisce, l’alito della speranza che vivifica, la brezza dell’entusiasmo che
ristora. E gradualmente “toccarsi concretamente” quasi con mano come esistente
pervaso da senso, da serenità, perché purificato da ogni scoria colpevole o innocente
d’un passato vissuto tra speranza e disperazione, tra amore e odio, tra fatica e
passione, tra entusiasmo e depressione. Da essere umano.