“La
Repubblica – è sancito nell’articolo 2 della Costituzione Italiana - riconosce
e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento
dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Con
estrema chiarezza i Padri Costituenti dichiarano, già dal 1948, il valore umano
e la dignità politica del cittadino – nella sua dimensione sia individuale che
sociale - che la “Repubblica” deve assicurare e sostenere nella possibilità di
realizzare la propria “personalità”, consentendogli il godimento dei suoi
diritti e chiedendogli l’adempimento dei suoi “doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale”. La Carta Costituzionale, quindi, esprime
la natura “laica” dello Stato. Gli Organi statuali, di conseguenza, sono
chiamati a creare e assicurare situazioni sociopolitiche almeno nazionali, in
cui la singola “persona” possa operare, come cittadino fedele e onesto, le sue
scelte politiche - sempre e comunque in maniera responsabile e libera - che la
Politica, da parte sua, ha il difficile compito di proteggere mediante la
creazione di regole opportune e adeguate.
Il
singolo cittadino, tuttavia, vive e opera non da solo, ma in una rete di
“formazioni sociali”, quali la famiglia, la scuola, l’ente locale, il
sindacato, la confessione religiosa. Ognuno, perciò, in nome della “solidarietà
politica” è chiamato a operare non per un suo immediato bisogno né per
rivendicare un proprio diritto nell’interesse personale, ma per assolvere a un
“dovere inderogabile” per il bene di tutti: è questo che trasforma l’individuo
in cittadino attivo. E’ un
principio espresso anche dalla Carta Europea
dei diritti fondamentali e, in particolare nel Preambolo, dove si afferma che
il godimento dei diritti “fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti
degli altri come pure della comunità umana e delle generazioni future”. Ora, se
sono noti i doveri nei campi dell’economia
e del sociale, meno considerati forse sono
quelli propri del campo politico. Oltre ai casi straordinari, come il difendere
la propria patria e l’essere inviato per salvaguardare l’ordine e la pace in
altri Paesi, s’impone un dovere ordinario e quotidiano, che costituisce il
fondamento solido e l’essenza insostituibile d’ogni vera democrazia: recarsi
alle urne per esprimere il proprio voto, che l’articolo 48 della Costituzione sancisce
come “personale ed uguale, libero e segreto”, e non certo come il consueto
siglare una scheda preparata da altri e a lui proposta quasi per un’eventuale
presa d’atto.
L’uguaglianza,
la giustizia sociale e la libertà sono certamente alti valori e “Principi
fondamentali” riconosciuti dalla Costituzione, ma che, purtroppo, sono
destinati a rimanere nel mondo delle pie intenzioni e nella realtà belle
enunciazioni vuote d’ogni contenuto, se non c’è concretamente solidarietà
politica. E, oltre alla storia secolare, lo testimonia la vita contemporanea di
molte Nazioni: il principio solidarista è il tessuto connettivo dell’intero
ordinamento sociale e politico. E, osservando la realtà italiana di questi
ultimi decenni, non desta certo entusiasmo e ottimismo ciò che è possibile
indurre nei riguardi della partecipazione attiva e responsabile dei cittadini nell’azione
politica. Di fatto si sono gradualmente stravolti la natura e il ruolo del
partito politico: da laboratorio di programmi e di proposte è stato ridotto ad
associazione alle dipendenza del capo, quasi sempre preoccupato del suo
interesse privato. Ne è conseguito la sostanziale cancellazione dei poteri
delle Camere legislative, costituite solo da “nominati” e, logicamene, attenti
alla parole del proprio mecenate. Il tutto grazie alla tanto contestata legge
elettorale denominata “porcellum”, proposta dall’allora maggioranza, ma non
osteggiata seriamente da nessuno per ovvi calcoli di potere. Qualche mese fa l’attuale
Parlamento ha approvato la nuova legge elettorale, con cui di fatto si limita ancor
di più il diritto di voto libero e personale del cittadino e si crea un
Parlamento di persone certo non scelte liberamente dai votanti, ma designate
d’autorità dai capi di partito.
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