Dagli ultimi violenti attacchi terroristici
sferrati contro Paesi europei da parte dell’autoproclamato Stato Islamico è
trascorso un periodo di tempo sufficiente, perché si possano fare riflessioni attente
e valutazioni obiettive, lontano da immediate commozioni umane e al riparo da comprensibili,
ma fuorvianti passioni di parte. Questi episodi sono stati definiti da Obama un
“attacco al mondo civilizzato”, mirando a coinvolgere non solo l’intero l’Occidente,
ma anche e soprattutto la Russia; nello stesso tempo, però, ha fatto riemergere
il singolare e ibrido connubio tra Roosevelt, Stalin, Churchill, contro i terrori
nazifascisti del secolo scorso. Ovviamente con alcune differenze significative:
la Germania e l’Italia erano Nazioni con una propria identità statuale, mentre gli
odierni movimenti fondamentalisti
islamici ne
sono privi, benché siano stati presenti
per quasi tutto il secolo scorso, opponendo resistenza al colonialismo e
all’imperialismo occidentali, fino a dare origine a un vero e proprio “nazionalismo arabo”, animato da
crescente ostilità contro la presenza militare e l’influenza economico-culturale dell’Occidente.
Ogni forma di terrorismo, compreso
quello dell’Isis, professa
e diffonde una propria visione dell’uomo e del mondo, con convinzioni e valori
propri, con propri obiettivi sociali e politici; cioè ha una sua “cultura”, anche
se da altri considerata sbagliata e pericolosa, perchè ideologica e utopica. Ma
l’utopia per sua natura è, in ogni caso, sempre nuova e rivoluzionaria. Proprio
per questo la chiave di lettura delle barbarie perpetrate dall’islamismo
fondamentalista non può essere “la banalità del male” denunciata come causa del
totalitarismo nazista da Hanna Arendt, cioè l’incapacità di ragionare con la
propria testa, la mancanza di idee e di valori, l’appiattimento etico della società
di massa. Oggi il fondamentalismo terroristico – e non solo religioso e nemmeno
solo islamista – necessita d’una sua interpretazione, nuova e storicamente veritiera, al fine di trovare
adeguate soluzioni radicali ed efficaci.
Ora, i movimenti terroristici – soprattutto quello islamista –
vengono propagandati come progetti d’abbattimento dei valori essenziali del
mondo “civilizzato occidentale”: libertà, uguaglianza, democrazia, solidarietà,
economia di libero mercato. Ricercarne le ragioni – si sostiene - in cause
politiche o socio-economiche di diversa natura, sarebbe del tutto sbagliato e deviante,
in quanto le vere connotazioni d’ogni terrorismo sono proprio l’irrazionalità e
l’assurdità. A ben riflettere, però, forse non è così; non si può mistificare
la realtà e sostenere con superficialità che l’obiettivo unico del terrorismo è
un assurdo attacco al modo di vivere delle civiltà democratiche, per cui si
urla: “non ci faranno cambiare le nostre abitudini”. Nel terrorismo, invece, ci
sono intelligenza e razionalità. Bisognerebbe conoscere obiettivamente la
storia della millenaria cultura araba e valutare con rispetto la non facile evoluzione
del mondo musulmano; o, almeno, bisogna non omettere ciò che il suo mondo ha
sofferto anche recentemente negli anni ’90 con la guerra del Golfo, quando è
stato colpito nell’essenza profonda della sua civiltà e nella sacralità della sua
religione: la potenza economico-militare occidentale ha soverchiato e umiliato
il fragile mondo arabo-islamico, e si persino insediato nei suoi territori. Da
qui la discutibile propaganda che il mondo islamista vuole vendicarsi di tutto
ciò, già a partire dall’attentato dell’11 settembre. Forse, però, più che come una
vendetta, bisognerebbe vedere una reazione comprensibile (anche se discutibile)
contro una situazione vissuta come occupazione, se non del tutto militare,
certamente ideologica e culturale, con cui si vuole modernizzare i suoi territori,
iniziando processi di democratizzazione e trasformando, quindi, anche le
strutture socio-economico-politiche.
Il mondo occidentale deve imparare
meglio a condividere – onestamente e senza calcoli di alcun tornaconto - le
diversità, senza la presunzione di detenere ogni verità e felicità, che deve
dare a tutti, usando anche la forza con chi non le volesse. Il mondo islamico non
intende né tollerare protettorati ormai eccessivi, né subire processi imposti
di democratizzazione, né condividere innovanti atteggiamenti etici non
richiesti. Non sopporta, soprattutto, di dover accettare e rispettare frontiere
territoriali segnate e imposte loro da potenze straniere (l’Occidente avrebbe
dovuto imparare qualcosa dalla caduta del muro di Berlino). Insomma, il modello
culturale dell’Occidente non deve imporsi, ma deve aprirsi agli altri modelli culturali, compreso
quello culturale arabo; e dialogare con tutti, disponendosi con sincerità anche
ad ascoltare e accogliere ogni altro mondo. Emblematico diventa ciò cui s’è
assistito in piazza san Marco per i funerali “laici” della giovane Valeria
Solesin. In prima fila sedevano congiuntamente il laico Presidente Mattarella,
il musulmano Imam, il cristiano-cattolico Patriarca, l’ebraico Rabbino.
L’Occidente – si dice – è in guerra, ma
vincerà, conserverà la sua libertà, difenserà i suoi valori. Bisogna chiedersi:
in guerra contro chi e per quali obiettivi? Contro il terrorismo islamista,
forse? Ma è difficile a capirsi, sapendo quanto è successo qualche giorno fa al
G20 di Antalya in Turchia. Più delle tematiche finanziarie all’ordine del
giorno, l’incontro affronta il tema del terrorismo: “"Una minaccia per tutti noi", da contrastare "sia
dal punto della sicurezza che dal punto di vista finanziario" esordisce il
presidente turco Erdogan. Ma dopo, a chiusura dei lavori, Putin, da politico
scaltro, denuncia apertamente davanti a tutto il mondo, “Isis
è finanziato da individui di 40 Paesi membri del G20”, mettendo in grande imbarazzo
lo stesso re dell’Arabia Saudita, Salman, che poco prima aveva tuonato contro i
“terroristi diabolici da sconfiggere”, ma che ora veniva additato apertamente
come uno dei massimi finanziatori dell’Isis. A chiarire la mente è intervenuta
in queste ore la crisi Turchia-Russia per l’abbattimento dell’aereo russo. Vladimir Putin
ha definito l’abbattimento “una pugnalata nella schiena da parte dei complici
dei terroristi”; osservatori internazionali avvertono:
ora “La Turchia mette l’occidente davanti a un bivio”.
E’, quindi, veramente strano (e
soprattutto preoccupante) ascoltare Governanti che seminano ottimismo e
certezza di trionfo sui nuovi barbari provenienti dall’Oriente. Proclamano
libertà e sicurezza, quando nello stesso tempo i cittadini di molti Paesi si
sentono sotto assedio e senza alcuna libertà di camminare per strada, vivere
nel proprio mondo di lavoro, trascorrere qualche ora libera in luoghi
tranquilli. Fare proclami di superiorità culturale, ostentare sicurezza,
diffondere infondato ottimismo è facile; ma i popoli hanno paura. Anche perché
le guerre sono decise dai pochi ricchi e potenti, ma sono combattute dai molti
poveri e deboli. Se si vuole eliminare, o almeno controllare, la guerra,
basterebbe che i pochi potenti si sedessero intorno a un tavolo e si
imponessero almeno una moratoria per la costruzione e vendita di armi. Ma cosa farebbero
le industrie belliche, tutte, nessuna esclusa?
Nessun commento:
Posta un commento