Le riflessioni del Galimberti scorrono fluide e incontrastate:
- gli interlocutori di un dialogo non comunicano, oggi, esperienze personali soggettive e diverse. Ognuno ascolta, e a sua volta narra, ciò che già sa (dai e grazie ai molti mezzi di comunicazione: dal telefono a internet, dalla televisione alla stampa, dalla radio alla pubblicità);
- questo non significa prendere posizione sulla bontà o meno dei mezzi di comunicazione nè discutere sui buoni e cattivi maestri; ma significa solo “sentirsi costretti” a prendere atto che “la natura umana” è cambiata (e qui non si parla se in meglio o in peggio!);
- “Lo scambio – scrive l’Autore – ha un andamento solipsistico, dove un numero infinito di eremiti di massa comunicano le vedute del mondo quale appare dal loro eremo, separati uno dall’altro, chiusi nel loro guscio come i monaci di un tempo, sui picchi delle alture, non per rinunciare al mondo, ma per non perdere neppure un frammento del mondo in immagine”;
- Ecco la situazione capovolta tra interiorità ed esteriorità: prima si meditava in solitudine, si viveva nell’intimità protetta del proprio ambito familiare e, successivamente si andava in piazza per realizzare la vita sociale trattata come progettato nel proprio pensiero; oggi,al contrario, ci si rifugia nell’intimità della propria camera, dove si apprende e si vive la vita cosmica di tutto e di tutti, su tutto e su tutti;
“Se il mondo viene a noi – sostiene il Galimberti – noi ‘non siamo nel mondo’,… ma (siamo) semplici consumatori del mondo. Se poi viene a noi solo in forma di immagine, ciò che consumiamo è solo il fantasma. Se questo fantasma lo possiamo evocare in qualsiasi momento, siamo onnipotenti come Dio. Ma poi questa onnipotenza si riduce, perché, se possiamo vedere il mondo senza potergli parlare, siamo dei voyeurs condannati all’afasia”I mezzi di comunicazione, allora, non sono soltanto dei “mezzi”, dal momento che incidono e determinano in maniera consistente la stessa natura dell’uomo. L’uomo deve recuperare la capacità di fare esperienza. L’uomo non è onnipotente; come non sono onnipotenti i mezzi di cui dispone. Milioni di uomini solitari dovranno comunicare esperienze nuove e umane: al di là dei mezzi di cui dispongono.
1 commento:
Il concetto di "eremiti di massa" non è originario di U. Galimberti, ma della Scuola di Francoforte diertta da Max Horkheimer, che negli anni Trenta opoerò una critica nei confronti della società di massa e delle possibili manipolazioni dei singoli in essa. Mi dispiace che nell'articolo il filosofo italiano non ne faccia riferimento. Il significato e il nesso che Galimberti stabilisce con la comunicazione mediata da computer è interessante.
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