Papa
Bergoglio stupisce ogni giorno di più.
Apparentemente “normale”, solitamente misurato e calmo, con il suo gesto calcolato
e “senza parole” trasfonde fiducia rigeneratrice ma, nello steso tempo, scuote
le coscienze degli “uomini e donne di buona volontà, tutti fratelli e sorelle”,
e spesso genera riflessioni serie e incute paura e tremore. Mentre coloro che
guidano popoli interi e governano nazioni vaste o piccole dissertano sui temi
d’equilibrio di bilancio, di crescita e decrescita misurate in piccoli
decimali, e talora si spingono a sfiorare il problema dei poveri, dei migranti
e dei profughi (perlopiù attenti alle ripercussioni sul proselitismo elettorale),
Papa Francesco ha individuato a tempo e senza rumore una struttura nei pressi
del Vaticano, in cui sono stati già avviati i lavori per realizzare un
dormitorio per ospitare una trentina di senzatetto.
Nel frattempo, sabato scorso 6
giugno, a Sarajevo, in Bosnia, ha ripetuto il suo appello: “Mai più la guerra!
La pace è opera della giustizia”; e ha sottolineato con estremo realismo che la
pace non va predicata, ma va costruita quotidianamente con “passione,
pazienza, tenacia”, senza lasciarsi scoraggiare dal fatto che “nel mondo sono
in atto numerosi conflitti armati e una sorta di terza guerra mondiale
combattuta a pezzi”.
Come ogni domenica, anche ieri alle
ore 12, papa Francesco s’è affacciato con rispettosa puntualità alla finestra
dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per la recita dell’Angelus con i
fedeli e i pellegrini, che lo attendevano, numerosissimi come sempre, in Piazza
San Pietro. “Sono
andato a Sarajevo, per incoraggiare il cammino di convivenza pacifica tra
popolazioni diverse”, ha esordito, per evitare ogni distorsione del suo gesto e
qualunque strumentalizzazione delle sue parole e dare l’unico significato
autentico del suo viaggio in Bosnia ed Erzegovina. Lì, infatti, aveva
rilanciato il grido già di Wojtyla: “Basta guerra e nazionalismi esasperati!”
e, durante il breve viaggio di ritorno a Roma in aereo, concedendosi come solitamente
alle domande dei giornalisti, aveva denunciato con forza la vigliaccheria dei
potenti e l’ipocrisia degl’indifferenti: “C’è
l’ipocrisia, sempre! Per questo ho detto che non è sufficiente parlare di pace:
si deve fare la pace! E chi parla soltanto di pace e non fa la pace è in
contraddizione; e chi parla di pace e favorisce la guerra – per esempio con la
vendita delle armi – è un ipocrita!”.
Mercoledì
prossimo, 10 giugno, sarà ricevuto in udienza privata il presidente russo
Vladimir Putin, in Italia per la visita all’Expo di Milano. Sarà il quinto
incontro che Putin avrà con un papa: nel 2000
e nel 2003 con Vojtyla, nel 2007 con Ratzinger e 2013 con lo stesso Bergoglio.
In quell’occasione, argomento principale del loro colloquio – al quale il
leader russo si presentò con ben 50 minuti di ritardo – fu la crisi siriana,
per la soluzione della quale era stata tenuta circa due mesi prima una veglia
di preghiera, durante la quale il pontefice da poco eletto aveva precisato: “Anche
oggi ci lasciamo guidare dagli idoli, dall’egoismo, dai
nostri interessi; e questo atteggiamento va avanti: abbiamo perfezionato le
nostre armi, la nostra coscienza si è addormentata, abbiamo reso più sottili le
nostre ragioni per giustificarci. Come
se fosse una cosa normale, continuiamo a seminare distruzione, dolore, morte!
La violenza, la guerra portano solo morte, parlano di morte! La violenza e la
guerra hanno il linguaggio della morte!”. Il giorno dopo quella veglia,
all’Angelus, il Papa, si era spinto ancora più oltre, affermando che “sempre
rimane il dubbio se questa guerra di qua o di là è davvero una guerra, oppure è
una guerra commerciale, per vendere armi o è per incrementarne il commercio
illegale”.
Per il prossimo 18 giugno è stata
annunciata la pubblicazione della prima enciclica “scritta” di papa Francesco. La
giustizia, la pace e la libertà degli uomini e dei popoli d’ogni nazione non
sono una chimera da deridere, ma un obiettivo da credere e da cercare di
raggiungere. Saranno questi – stando a indiscrezioni editoriali – la natura e
il contenuto dell’enciclica. Non un trattato scientifico, non un manuale di
sociologia, non un libercolo provocatorio, e nemmeno un manifesto politico per
la conquista d’un potere. Ma una semplice lettera
pastorale che, fotografando situazioni concrete verificabili, mira a ricordare e difendere i valori morali propri
della dignità dell’uomo. Un appello, quindi, a costruire la pace, la giustizia e la libertà
minacciate dalle ideologie dell’autonomia incondizionata di mercato globale e
della sfrenata speculazione finanziaria. Forse per questo molta parte di
umanità attende e spera, ma altra parte di politica e di finanza trema.
Ma Bergoglio va avanti. E molti
attendono nuovi suoi interventi, che facciano germogliare fecondi semi di
libertà concreta, fatta di giustizia e di pace. Infatti, fra circa 48 ore papa
Francesco colloquierà col capo della Russia; il 24 settembre prossimo sarà in
visita negli Stati Uniti. Sarà il primo pontefice a rivolgersi ai deputati
americani del Congresso riuniti in seduta straordinaria: questo testimonia l’autorevolezza
del pontefice. Una nota diffusa qualche mese fa dalla Casa Bianca comunica che
la vigilia dell’incontro ufficiale i due leader avranno un colloquio privato,
per ribadire il comune impegno nell’affrontare molti problemi, ma con
particolare attenzione “per gli emarginati e i poveri, la
necessità di dare opportunità economiche a tutti, la salvaguardia dell'ambiente
(…) l'accoglienza dei migranti e dei rifugiati nelle nostre
comunità”.
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