Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.
L'INFINITO
L’intreccio complicato e aggrovigliato dei fili della
matassa dell’esistenza individuale dell’uomo si compatta lentamente,
inesorabilmente, palesemente, lucidamente man mano che scorrono i giorni
dell’età umana non più verde.
La compattezza del groviglio si rinserra sempre più e lascia
sempre meno interstizi e sfilacciamenti, spesso provvide fessure per mantenere
qualche possibile contatto con le realtà esterne circostanti. Si forma sempre più
distintamente un unico blocco, in cui ci si sente assolutamente chiusi e circoscritti
nel proprio essere: non angoscia di vertigine, ma freddo gelido contatto con se
stessi soli, interi, senza peduncoli e filamenti o appendici e legamenti con altro
non voluti e comunque non graditi, ma talora convenienti per poter condividere
sensazioni con altri o addossare ad altri cause del nostro vivere, riferendo
loro sentimenti di piacere o di dolore.
Essere umano solo: unico autore dei propri giorni di
vita, unico titolare delle proprie azioni positive e negative, unico e solo con
se stesso. Non moti di triste rimpianto, non bisogno di respiro libero, non
voglia di giustificare il passato o illuminare il presente o immaginare altri giorni di esistenza futura. Ma, immobilità ormai pronta ad accogliere
l’inesorabile destino proprio dell’essere umano; coscienza chiara e solida,
profonda e pacata che “questo è il mio essere”: tutto mio, solo mio. Nel passato,
nel presente, nel futuro; ma non più segmenti d’una linea misteriosa e ignota,
ma totalità atemporale, in cui tutto diventa concreto, indelebile, vivo e vivificante.
Tutto ciò che mi ha circondato durante il tempo, come fine o come mezzo, come
valore o come inciampo, come senso della vita o come negazione di virtù, tutto
comincia quasi a svanire, allontanandosi e rifugiandosi in un distacco non cercato ma sopravvenuto, non
desiderato ma pacificante.
Serenità e pace interiori, tutte proprie, che niente e
nessuno potranno scorgere e che a nessuno dovranno essere comunicate. Nessuno
le contaminerà né le dissacrerà. Presagio della fine? No. Possesso potente esistenziale, solo
possesso totale di sé sublimante ed emozionante: in compagnia di un passato voluto o più
spesso condizionato e addirittura determinato da situazioni e circostanze, tanto che si desidera con forza di volere vivere responsabilmente il proprio presente
e programmare liberamente il proprio futuro. Sintomo di depressione morale? No.
Bisogno, solo bisogno di possedersi tutto intero, senza attendere gli eventi e le
risposte dal mondo temporale, per continuare a donare gratuitamente il proprio
essere a chiunque voglia parteciparne, ma senza alcun contraccambio. Ma, nello
stesso tempo, distaccarsi gradualmente, consapevolmente, volontariamente da
ogni realtà fisica e spirituale, che alla fine del corso della vita, prima o
poi, ci sarà tolta senza il nostro consenso. Bisogno, quindi, di fondere
l’esistenza con l’essere. Finalmente. Momenti che non vanno temuti, ma amati e
accarezzati; che non vanno allontanati, ma accolti e sciolti nel proprio animo.
Solo allora, “naufragando” in questa indistinta immensità, ci si intuisce parte
indistinta dell’Infinità.
1 commento:
Imbattersi in post di sentita profondità culturale è, al giorno d'oggi, rarità.
Vivere l'hic et nunc ma al confine tra il desiderio e la realtà; conquistare il presente per viverlo in eterno, sapendo sempre riconoscere la profondità di pensiero, celata solo nello sguardo di anime "vere": forse, è questo l'infinito, un funambolo in bilico, con nel cuore la paura di cadere e nella mente la consapevolezza di dover andare avanti.
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