“Quella
vita ch'è una cosa bella – fa dire Giacomo Leopardi al ‘Venditore d’almanacchi
a un passeggere’ - non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce;
non la vita passata, ma la futura”. Il poeta recanatese, però, non sembra
essere nel vero. Infatti, solo il passato della vita (sia vissuto
come bello o come brutto) è ‘certo’ e, quindi, ‘bello’, in quanto la bellezza
coincide col reale e col certo. Solo il passato, pertanto, può essere bello,
perché assolutamente certo e ormai del tutto libero dal volere di chiunque e al
riparo da qualsiasi evento; il presente, invece, è solo un debole barlume di
vita in un brandello fugace di tempo morente; il futuro, poi, è addirittura totalmente
imprevedibile e inimmaginabile, in quanto non nel mondo dell’essere. L’uomo,
quindi, dovrebbe rallegrarsi o dolersi del passato, non del presente (che è solo
fugacemente nelle sue mani) né del futuro (che è spesso inaspettato e mai
totalmente in suo potere). Tuttavia, l’uomo – sulle tracce del cantore
dell’Infinito - si tormenta per il suo presente e s’interroga sul suo futuro, e
vive ogni rimembranza, che lo riconduca ai suoi giorni vissuti, come un atto solo
di malinconica nostalgia o di dolorosa impotente invidia. Non è così, però, per l’uomo che prende per guida
dell’intero percorso del suo esistere e per consigliera quotidiana delle sue
scelte la razionalità integrale propria della persona umana, che deve rimanere sempre
vigile e benpensante, attenta e disponibile.
“Il fatto che l’uomo - ha scritto Immanuel Kant - non soltanto pensi, ma possa anche dire a se stesso ‘Io penso’,
fa di lui una persona”. Per molti la differenza tra pensanti e non pensanti è la
vera precondizione necessaria, per poter comprendere e valutare ogni altra
differenza tra gli uomini, come tra individui credenti e non, socievoli e non,
altruisti e non. Molti, infatti, sono convinti che, se è certo che tutti viviamo
una vita, non è altrettanto certo che tutti siamo consapevoli di cosa sia
realmente la vita che stiamo vivendo, in quanto non ci poniamo sensatamente le
domande di quale sia il significato del nostro trovarci nell’esistenza, della
motivazione vera e della finalità ultima delle nostre scelte. L’uomo, comunque, sente spesso tutta la difficoltà d’una
vita, ch’egli non ha chiesto di vivere e che gli pone frequenti domande
dall’incerta risposta e addirittura coinvolgenti misteri inspiegabili: chi o cosa manipola la mia volontà apparentemente
libera; ove porta il mistero irrisolto del soffrire e del morire di
tutte le creature ospitate sulla terra? “Che fai tu luna in ciel? - egli chiede, con il Poeta dell’Infinito, all’astro
notturno confidente fidato e discreto dei segreti degli umani -. Ove
tende questo vagar mio breve, il tuo corso immortale? (...). Che
vuol dir questa solitudine immensa? Ed io che sono?”. Senso e sostegno,
allora, gli saranno offerti soltanto dall’uso della sua ragione integrale, cioè
– secondo il pensiero del tedesco Kant – dall’umana razionalità, la quale coinvolge
tutte le dimensioni della natura umana: le fuggevoli sensazioni del corpo e le
profonde intuizioni dello spirito, l’interiorità segreta della persona e la sua
generosa apertura all’altro, l’intelletto che conosce, la volontà che vuole,
l’affettività che abbraccia e vive ogni situazione di vita . Cioè, il cuore
dell’uomo: unico centro capace di comprendere e di gestire le diverse
dimensioni. Infatti, secondo anche un adagio induista, si ragiona non con la
mente, ma col cuore, il sicuro e valido punto-forza dell’uomo razionale. Solo
la vitalità del cuore, cioè l’amore, alimenta la fedeltà e rinvigorisce la
coerenza in ogni situazione della vita. E’ l’amore che dà il giusto colore ai
fatti e il dovuto sapore ai pensieri, illuminandoli con la sua luce
insostituibile, collocandoli ciascuno a suo posto.
Fiumi abbondanti e piogge copiose - annotava Seneca - gettano le loro acque nel mare salato, ma non ne alterano né attenuano il sapore. Allo stesso modo, la violenza delle avversità non sconvolge né turba l’animo dell’uomo forte: egli resta saldo e immoto nel proprio stato e converte a proprio beneficio qualunque vicenda, perché egli è più forte d’ogni evento esterno. Non è che egli non lo senta, ma lo vince: quieto e placido, si erge contro ciò che lo attacca. Del resto – continuava il filosofo stoico - non è stabile né forte un albero che non venga incessantemente sballottolato dall’infuriare dei venti; anzi, è irrobustito dalla continua violenza e rinsalda più tenacemente le sue radici. Sono fragili le piante cresciute in una valle solitaria al riparo delle turbolenze atmosferiche. E le radici dell’autentico uomo forte allignano soltanto nel cuore: totale e indivisibile, che coi suoi battiti scandisce il ritmo della vita vissuta degnamente.
Davanti a queste considerazioni non pochi sentono fastidio e tedio e,
presi dall’importanza dei loro impegni, non perdono occasione di far notare che
il rapido trascorrere del tempo impone ben altro che occupare forze ed energie
in piacevoli ma inutili passatempi, per cui è già abbastanza l’impegnarsi e
l’industriarsi a risolvere al meglio i problemi concreti della giornata, che ciascuno
vive nel posto in cui ha scelto di operare.
Ma sono proprio queste persone che, sballottolate dal susseguirsi
confuso degli eventi, generano non poca inquietudine e preoccupano per la loro
inconsapevolezza. “Coloro – ha scritto Hannah Arendt - che non sono innamorati
della bellezza, della giustizia e della sapienza sono incapaci di pensiero”: l’uomo
ha bisogno di pensare, ma con la totalità della sua razionalità, che abita nel
cuore, centro di confluenza d’ogni moto dell’animo umano. Solo così la vita non
si riduce a un anonimo e insipido passaggio sulla terra, ma è una consapevole e
costruttiva collaborazione alla felicità propria e dell’umanità intera: a questi
impensati ampi confini ci conducono l’auspicio e il monito anche del Mathama
Gandhi: “Il giorno in cui il potere
dell’amore supererà l’amore per il potere il mondo potrà scoprire la pace”.
1 commento:
Lei invece è solo un arrogante che insiste a voler parlare di cose che non può capire, per la sua banale natura di uomo senza nessuna sostanza.
Lei è un bigotto di periferia che si improvvisa sapiente per nascondere il vuoto nauseante che si porta dentro... ha ammazzato i miei sogni sul nascere, e nemmeno la conoscevo! Non importa, professore, anche con il suo "contributo" sono riuscita ad assaporare ugualmente tanta bellezza nella mia vita, mentre lei, caro professore, continuerà ad arrampicarsi sulle sue, ormai, vuote e ridicole megalomanie.
Con tutto il rispetto, si vada pure a ritirare nelle sue segrete stanze, professore... Non abbiamo bisogno dei suoi stupidi consigli imbottiti di nullità sostanziale. Le ragioni del mio cuore si infrangono ancora su quell'oscuro passato che il suo amor proprio ha voluto riservare per me... Il suo gesto infarcito di inutile disprezzo è ancor vivo nei miei ricordi e, del resto, il cuore non trova sempre ragioni sufficienti per dimenticare chi ci ha fatto del male, come non può spegnere, finché ricorda, quello sguardo colmo di irragionevole arroganza e gratuito cinismo. Forse, professore, e mi permetta di chiamarla così per pura forma, lei ha frainteso grossolanamente proprio quell'autentica spontaneità del cuore, che guida gli animi nobili, con quell'amor infame per il suo Ego... Forse ha travisato, e spero per inconscia ignoranza, "il poter amare" proprio con "l'amore per il potere", che lei addita come causa primaria di una società senza pace. Sono una scrittrice o almeno ci provo a tradurre sul vuoto abissale di un foglio bianco, il linguaggio atavico, ma mai sopito, della mia anima. Impari a "sentire" prima di scrivere, professore: a volte un'intera cultura enciclopedica può impallidire di fronte alla potenza di una "riga di pensiero" impressa da un cuore autentico.
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