“L’uomo – sentenziava il Mahatma Gandhi - è uno scolaro, e il dolore è
il suo maestro”. La massima, ovviamente, non significa pessimisticamente che la
vita umana sia sempre e solo dolore e sofferenza; è solo la constatazione realistica che solo il
dolore e la sofferenza plasmano l’essere umano forte e maturo, forgiandone
tenacemente l’intelletto, l’anima, la coscienza e la volontà. Gli eventi dolorosi
nel camminare per i sentieri impervi e bui dello scorrere del tempo e i
tormenti strazianti delle scelte periodiche richieste improvvisamente dal corso
dell’esistenza umana sono come dure e forti martellate, con cui il dolore
proprio della vita scalpella il marmo informe della natura umana, ricavandone
forme mirabili di vigore e sculture di rara sublime dignità. Non è certo con le
morbidezze d’un petalo di rosa, che accarezza dolcemente un batuffolo di lana,
che si possono incidere marmi e pietre vive. Figuriamoci caratteri vivi,
decisi, fermi e stabili: capaci, cioè, di avviarsi per il cammino ignoto e
imprevedibile della vita con decisioni
lucide e nette e con scelte radicali e definitive. E questo essere martellati comporta,
di necessità, uno stato di vita interiore di perenne sofferenza e lotta con se
stessi. Una lotta, però, che, mentre fa sanguinare le fibre più intime
dell’animo, germina il sorriso sulle labbra e la tranquillità nell’anima.
L’essere umano, infatti, agogna la tranquillità e la serenità; e si
sforza di raggiungerle e di ottenerle, rimuovendo attentamente dalla sua vita
quotidiana ogni ostacolo che gli si presenta e ogni occasione di contrasto, in
quanto è convinto che i suoi turbamenti e le sue sofferenze siano generati soprattutto
dal mondo a lui esterno e, in primo luogo, dalla rete intricata e confusa delle
sue relazioni sociali. Ma, avvertiva ancora il Mahatma Gandhi, “serenità è
quando ciò che dici, ciò che pensi, ciò che fai, sono in perfetta armonia”.
Bisogna avere il coraggio, quindi, di scoprire fino in fondo chi siamo davvero
noi, senza paura di riconoscerlo e di accettarlo nella sua totalità. Anche
perché tu e io – si dicono spesso le persone che pensano d’amarsi - non siamo
che una cosa sola. Di conseguenza, non posso fare a te del male senza, nello stesso tempo, colpire anche
me. E nessuno può farci più male di quello che noi facciamo a noi stessi.
Pertanto, è necessario, per una vita che abbia senso di realtà e di
verità, vivere nel momento concreto, ma nutrire nel cuore sogni alti, anche se
possono sembrare assurdità e follia: solo in questo modo si vive da esseri umani.
Senza covare sogni nutriti gelosamente e sperati fortemente, si smarrisce il
senso della vita, che diviene così un continuo girovagare insensato dello
spirito: il senso del vivere quotidiano si trova dove collochiamo il nostro cuore, non
dove risiede il nostro corpo. E il cuore non pulsa soltanto, ma parla e
comunica: non con urla che tutti possono udire, non con sussurri che sentono
solo i vicini, ma col silenzio – sempre tormentato e spesso doloroso - che sente solo chi ci ama.
Questo insegna il dolore: esperto maestro di chiunque voglia essere suo
scolaro attento.
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