Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.
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mercoledì 1 gennaio 1997

Strategie economiche e dimensioni etiche per uno sviluppo più umano, a cura di Cosimo Scarcella


1° volume della Collana "Ricerche e Proposte", Lecce, Manni Editore 1997, pp. 200. Suo è il contributo: Impresa e cultura, ovvero profitto e morale, pp. 5-21.

"Dall'etica della responsabilità all'etica della solidarietà. (…). Davanti al corpo ferito del pianeta, colpito dalla sfrenatezza di Prometeo, deve alzarsi forte la responsabilità etica (o l'etica della responsabilità), che inviti filosofi e scienziati naturali, storici, matematici, sacerdoti, moralisti, biologi ed economisti, ingegneri e fisici ad un consulto e ad un deciso intervento terapeutico, prima che si pervenga ad un punto di non ritorno. Le speranze non sono tutte cadute. Ma il paziente è in prognosi riservata! Ma a questo punto l'etica della responsabilità mostra la sua insufficienza. L'allargamento metatemporale e metaspaziale dell'etica (della domanda etica), che pure rimane legata al mondo presente, richiede uno slancio ulteriore, un'apertura verso la solidarietà, capace di andare al di là del calcolo costi-benefici, al quale potrebbe ridursi un'etica della responsabilità. Lo slancio solidaristico rimette insieme le due etiche e ci impone una pietas verso l'uomo e verso il cosmo che è dettata dalla consapevolezza non solo de comune destino, ma anche della comune origine (…). Un'etica che risolva l'etica della responsabilità nell'imperativo a non far soffrire, avendo sperimentato la sofferenza (…). Ciò richiede un ethos della com-passione che elimini la sofferenza assumendola, nella convinzione che ora tocca all'uomo dare senza ripiegare sulla giustificazione storica: non spiegare ciò che accade, ma capire ciò di cui, purtroppo, siamo capaci; o sulla responsabilità di un Dio: chiedersi piuttosto dov'è l'uomo quando accadono certi eventi; o sull'intervento delle forze del male. Una solidarietà che si evidenzi e si renda visibile attraverso le leggi e le istituzioni, pensate come garanzia della responsabilità e della solidarietà".

(MARIO SIGNORE, pp. 30-31 del volume).

sabato 1 gennaio 1994

Traduzione, introduzione e cura (con Prodromo di Giovanni Fiaschi) di GIOVANNI KEPLERO, L'armonia del mondo


Pisa, Editore Del Cerro 1994, pp. LII e 176
Il nome di Keplero è ricordato nella storia della matematica e dell'astronomia come quello di uno dei principali autori della svolta cruciale, da cui ha tratto origine il metodo scientifico moderno; meno nota è tuttavia la sua visione religiosa, che pure fu in stretta relazione con la sua attività di scienziato, tanto da impedire, se non considerata, la concreta comprensione delle intenzioni e dell'opera complessiva di questo studioso. Fedele ad una concezione teologica latitudinaria e ad una mai sopita aspirazione irenica, egli guardava al progresso della conoscenza come ad un valido strumento per far infine trionfare la pace sulle contese politiche e religiose del suo tempo. Perseguendo questo progetto, entrò in contatto con molte fra le personalità più rappresentative del suo tempo: ammiratore di De Dominis e di Casaubon, conoscitore di Bacone e di Grozio, fu collaboratore di Thyco Brahe e corrispondente assiduo di Galileo. In Keplero l'apertura alla pluralità delle culture, portato fecondo del nuovo umanesimo, non andava disgiunta dalla sincera adesione alle verità fondamentali della tradizione cristiana. Influenzata dalla tradizione dell'universalismo cristiano non meno che dalla filosofia neoplatonica, la sua visione della scienza e del mondo è sostenuta da una tensione unitaria, che trova espressione nella ricerca dei canoni di un ordine armonico universale. Frutto di questa stessa aspirazione, senza la quale l'intera sua opera di studioso e di scienziato avrebbe avuto un significato diverso, è l'Armonia del mondo, da cui sono tratte le pagine antologiche qui presentate per la prima volta in lingua italiana.

mercoledì 1 gennaio 1992

Traduzione, introduzione e cura (con Prodromo di Giovanni Fiaschi) di AMOS COMENIO, La via della luce


Pisa, Editore Del Cerro 1992, pp. LII e 188
Grande testimone di un secolo tormentato dal travaglio di scelte cruciali, Comenio reca nel dibattito culturale del suo tempo il contributo di uno spirito profondamente religioso animatola indomito entusiasmo umanitario, che lo spinge a ricercare nei "segni dei tempi" la conferma del prossimo avvento della redenzione e della pace universali. Tutte le numerose opere, che Comenio scrisse nella sua vita di esule e di instancabile profeta di un rinnovato umanesimo, rispondono alla costante esigenza interiore di proporre ai suoi contemporanei il disegno unitario di una prossima palingenesi, per la cui realizzazione l'uomo è chiamato a collaborare con Dio. La via della luce, pubblicata nel 1668 con una dedica ai membri della Royal Society, è l'opera nella quale Comenio delinea il piano universale di salvezza per tutto il genere umano. L'avvento della nuova "luce", vincendo la tenebra dell'errore, porrà definitivamente fine alle guerre ed ai dissidi politici e religiosi, sì che l'umanità potrà ricongiungersi in un unico abbraccio fraterno. Perché la redenzione ultima si compia, è nondimeno necessario che all'opera di Dio collaborino attivamente tutti gli uomini di impegno riuniti in un collegio universale; strumenti di questa opera grandiosa di ecumenica pacificazione saranno libri universali, scuole universali ed una lingua universale. Il testo de La via della luce, riprodotto integralmente, viene presentato per la prima volta in traduzione italiana.
"E' questo il volume quinto della collana di testi irenici ed ecumenici dei secoli XVI-XVIII fondata dal compianto Enrico De Mas, negli ultimi anni della sua vita, sotto il bel titolo Eirenikon. Compare dopo opere di Francesco Bacone, Fulgenzio Micanzio, Marc'Antonio De Dominis, Francesco Pucci (…). L'ampia 'Introduzione' di Cosimo Scarcella inquadra l'opera, con chiarezza e dottrina, nel clima politico, teologico, culturale del Seicento. Mette in luce i rapporti con l'ambiente inglese, e principalmente con la Royal Society. Scarcella, che fu diretto discepolo di De Mas, e ne condivide l'ispirazione, si muove con padronanza e con senso della misura nella problematica ecumenica ed irenica; e richiama espressamente l'insegnamento di De Mas, quando indica in Andrea, Campanella, Bacone, i maestri della 'grande didattica' di Comenio. Anch'egli insiste sulle sue 'intemperanze chiliastiche', che tuttavia non vede in grado di intaccare 'la sostanza più vera del suo pensiero'. Sicuro dei suoi testi, egli illustra limpidamente le linee fondamentali del programma comeniano di rinnovamento dell'umanità attraverso la 'pansofia', e grazie ai transiti specifici della 'via della luce': i libri universali, le scuole universali, il collegio universale, la lingua universale, che sono i 'modi in cui la Sapienza, luce intellettuale degli animi, si possa finalmente diffondere con successo verso la sera del mondo, in tutte le menti degli uomini e in tutte le nazioni': come si legge nel titolo integrale dell'opera di Comenio. La traduzione di Scarcella è condotta con aderenza al testo e con finitezza di stile: accurate sono le note. Meriti tutt'altro che secondari, che mettono a disposizione dei lettori un autentico gioiello della letteratura ecumenica".
(GIULIANO MARINI, in "Bollettino di Filosofia Politica", Pisa, 1992, anno IV, numero 6-7).

lunedì 1 gennaio 1990

Introduzione e cura - con Presentazione di Enrico De Mas - della riedizione di A. POGGI, Piero Martinetti (1872-1943)


Milano, Marzorati Editore 1990, pp. 120

"La piccola monografia di Alfredo Poggi su Piero Martinetti che dopo quasi mezzo secolo qui si ristampa col consenso dell'Editore, ha un indubbio valore storico oltre ai suoi pregi intrinseci: apparve in pubblico pochi giorni dopo il 25 luglio 1943 (come risulta dal colophon della tipografia) e venne così a costituire uno dei primissimi documenti della ripresa filosofica dopo la caduta del fascismo. La guerra al Nord era ancora lontana dalla fine, il governo di Badoglio si mostrava molto incerto e pauroso, ma subito la filosofia riprendeva vigore sotto il segno della riammessa libertà di pensare. Pubblicare in una collana il profilo dell'opera di Martinetti era stata certamente per l'autore e per l'editore una decisione piena di audacia, intellettuale e morale, perché tutti sapevano che il filosofo aveva rifiutato il giuramento di fedeltà al regime e si era ritirato a vivere in una campagna isolata, confortato solo da pochi amici tra i quali gli fu vicino fino all'ultimo Gioele Solari (…). Martinetti e Poggi furono due pensatori appartati e contro-corrente rispetto al corso della filosofia idealistica imperante, due spiriti sinceramente religiosi che coltivarono la religione in forme estranee alle chiese e alle credenze popolari. Mai avrebbero accettato di mantenere il significato della fede alla portata del senso comune per poterlo poi sollevare a dignità razionale trasformato e snaturato nell'idealismo immanentistico, secondo un metodo che da Hegel era passato in Croce e da Croce era passato con Gentile nella riforma fascista della scuola nel 1923 (…).E certamente per Martinetti come per Poggi la religione è la chiave essenziale che apre le serrande della vita stessa, così dal punto di vista della conoscenza, là dove il senso comune fallisce e occorre trovare più alte vie d'illuminazione interiore; come dal punto di vista dell'azione, là dove la mistica del dovere puro e la forza libera del volere s'impongono per evitare le ambigue e tortuose vie dell'utile e della semplice morale dell'obbedienza (…). Sentita come valore morale supremo, la libertà s'impone con forza dinanzi dinanzi alle insidie dei tempi; di fronte alla dittatura violenta ma senza vigore di un piccolo despota, come all'interno dell'altra dittatura esercitata in nome della classe che meno di ogni altra può farsi dispotica, perché è costituita dai lavoratori. I correttivi alle alterazioni della patologia storica vanno sempre cercati all'interno della coscienza morale e sono indispensabili anche in quelli come quelli in cui oggi viviamo, dove sotto le apparenze della democrazia si scorge un diffuso agnosticismo e un dilagante utilitarismo, mentre dietro la facciata delle pubbliche libertà è in agguato il più turpe conformismo ideologico. Ricordiamoci dunque di ciò che Martinetti e Poggi ci hanno insegnato: la libertà di pensiero si conquista per gradi con un continuo approfondimento della libertà di coscienza"
(ENRICO DE MAS, Presentazione, Pisa, Natale 1989).

domenica 1 gennaio 1989

Piero Martinetti. Politica e filosofia. Con alcuni "Pensieri'"inediti


Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, Collana "La Cultura delle Idee" diretta da Fulvio Tessitore e Giuliano Marini, 1989, pp. 184.
“Cosimo Scarcella già nel 1988 aveva dedicato un saggio all’approfondimento del La dottrina politica di Piero Martinetti: aspetti teoretici e aspetti pratici (“Il Pensiero Politico”, I, 1988) e ne aveva mostrato il tentativo di fondare una società quale grande unità spirituale distinguendolo da analoghe, coeve, teorie idealistiche o spiritualistiche. In questo volume l’autore ha saputo pazientemente enucleare e coordinare nella riflessione di Martinetti tutti quegli spunti o quelle tesi politiche – più o meno sparsi e comunque mai approfonditamente studiati – che si sono rivelati tanto articolati e ricchi da farci scoprire in lui un vero teorico della politica e dello stato (…). Nel richiamo martinettiano al ‘concetto stoico e cristiano della libertà’ lo Scarcella trova il fondamento di una concezione della società e dello stato che consenta all’uomo di sollevarsi sull’atomismo particolaristico dei bisogni passando dalle attività tecniche a quelle di cultura: l’arte, la scienza, la filosofia, la religione (…). Nell’ascensione dalla vita organica, alla vita morale, alla vita religiosa l’uomo passa dall’individualità alla coscienza interindividuale, alla vita universale e, naturalmente, in quest’idealità molto più che dagli uomini d’azione le società sono profondamente mutate dai grandi riformatori del pensiero. ‘I grandi riformatori del pensiero – scrive Martinetti, come ci ricorda lo Scarcella – hanno silenziosamente operato nella società dei rivolgimenti assai più grandi che i condottieri e i politici: essi sono i veri inventori; gli altri si agitano nella comune corrente fra la turba imitatrice’ (…). Lo sviluppo storico è sempre opera dell’uomo tutto intero sicché l’economia coi suoiu modi di produzione e la struttura giuridico-sociale sono nutrite sempre da radici morali e religiose (…). L’alba di una giustizia migliore, il richiamo alla carità, il ricordo alle élites rientrano in un dibattito concreto, segnato dall’antigentilianesimo perché nutrito dall’anelito alla libertà contro ogni totalitarismo. Le voci si Capograssi, Solari, Burzio, Gobetti, Rensi, evocate suggestivamente da Scarcella, entrano in momenti diversi in un coro che richiama con amarezza le colpe dell’idealismo filosofico ed esprime le lodi per i beni preziosi della libertà e della cultura. Lo Scarcella nell’ultima parte del suo ricco lavoro… utilizza i Pensieri tratti dalle carte inedite custodite nell’Archivio dell’Accademia delle Scienze di Torino per darci ulteriori indicazioni riguardanti gli organismi sociali e giuridici nonché il problema della violenza e della guerra, offrendo così un prezioso contributo per la comprensione del realismo martinettiano”.
(MARIA LUISA CICALESE, in "Critica Storica", Roma, 1990, anno XXVII, numero 2)
“Nel panorama delle teorizzazioni della scienza politica nei primi anni del Novecento i nomi di Vilfredo Pareto, Gaetano Mosca e Guglielmo Ferrero sono quelli maggiormente ricorrenti e autorevoli quando si tratti di denunciare ora l’astrattismo liberalistico, ora la demagogia socialistica, l’anarchismo sindacalista come la verbosità della democrazia (…). Pareto, Mosca e Ferrero non furono comunque soli nella denuncia della ormai palese impotenza delle teorie politiche e delle forme di governo dominanti nell’Ottocento; al loro fianco, pur con notevoli differenziazioni, può porsi infatti la figura del filosofo dell’idealismo trascendente, antipositivista e antistoricista, Piero Martinetti (1872-1943), il cui apporto anche alla speculazione politica è evidenziato nel volume di Cosimo Scarcella (…). E’ indubbiamente, quella che emerge dalla speculazione politica di Martinetti, una società ideale che, partendo da una concezione profondamente pessimistica del mondo contemporaneo e dell’insufficiente impulso all’elevazione umana, non perde comunque la fiducia nella possibilità di creare un futuro a misura d’uomo; una teoria elitaria, una sorta di ‘socialismo morale’ – come la definisce Scarcella – che, nell’affermare l’onticità della personalità umana, la libera al contempo sia dagli egoistici particolarismi della singolarità, sia dal pericolo di un assorbimento in realtà superiori che finirebbero per annichilirla”.
(Recensione in "Storia Contemporanea", Bologna, anno XXI, ottobre 1990, pp. 368-369)
“Arricchito in appendice da alcuni Pensieri inediti di Martinetti, il volume rappresenta il primo tentativo di ricostruire l’interna unità e coerenza delle idee politiche martinettiane sparse nei suoi scritti di etica, metafisica e filosofia della religione. Il fatto che Martinetti non abbia dedicato alcuna opera specifica alla trattazione del problema politico, può costituire una giustificazione soltanto marginale della disattenzione riservata a questo importante aspetto della sua meditazione filosofica. Scarcella mette infatti in evidenza – ed è un lato che rende immediatamente apprezzabile il volume – che la riflessione politica martinettiana, organicamente connessa a quell’idealismo ‘trascendente’ che ne ispira la concezione filosofica, risponde ad un orientamento profondamente sistematico. Le ragioni dell’oscurità in cui è rimasto avvolto il pensiero politico del Martinetti anche allora ricercate – come sottolinea Scarcella – nell’avversione della cultura politica italiana nei confronti di una posizione ostile tanto al totalitarismo fascista (un ‘nuovo feudalesimo’), quanto alle ideologie liberali, democratiche e collettivistico-marxiste tornate al centro del dibattito politico del secondo dopoguerra. Il suo stesso ‘neoplatonismo cristiano’, che faceva dell’atteggiamento di piena autonomia del filosofo un dovere morale, lo rendeva estremamente scomodo agli occhi di un ceto intellettuale che ambiva a farsi ‘organico’ alla classe sociale o al potere costituito. Occorre aggiungere che, col trascorrere degli anni, l’affermarsi di un ordinamento fin troppo sensibile alla riduzione positivistica della politica ad attività amministrativa non poteva non riservare uno sguardo distratto ad ogni impostazione di più vasto respiro del problema politico (…). In questo senso, il ritorno al pensiero politico di Martinetti, che si spera non si arresti a questo primo contributo, si inscrive in un clima di legittima Rehabilitierung della riflessione filosofica sulla politica (…). Venendo ai contenuti specifici del volume, bisogna dire che Scarcella mostra con lucidità e con dovizia di citazioni come la soluzione martinettiana del problema politico scaturisca da una serrata critica delle filosofie dell’immanenza che hanno finito col risolversi in una divinizzazione dell’umanità. Di qui il rifiuto di Martinetti del sistema politico liberale (…), che ha favorito, a causa dei concetti ‘astratti’ di libertà e di uguaglianza (…), un ‘egoismo collettivo’ (…). Posto dunque che Martinetti, mentre riconosce nella forza ‘l’anima’ dello Stato, la inserisce in un sistema di gradi ascendente verso forme di vita morale sempre più elevate, il tema in cui egli s’imbatte è naturalmente quello della definizione del rapporto di politica e morale. Con la consueta abbondanza di particolari, Scarcella insiste sul fatto che in Martinetti la politica ha un proprio ‘dominio autonomo’ in quanto operare della forza contro la forza; che la forza deve un mezzo per fini superiori di natura morale; che politica e morale non possono infine non essere complementari”
(G. BRAZZINI, in "Il Pensiero Politico", Firenze, 1991, a. XXIV, n. 1)

martedì 1 gennaio 1980

Condorçet. Dottrine politiche e sociali


Milella Editore 1980, pp. 312
“Ce petit livre ne doit pas se comparer à celui que K. Baker a publié six ans (Condorçet. From natural Philosophy to Social Mathematics, Chicago, 1975) ; il se présente plutôt comme un essai destiné à introduire le public italien à la connaissance de la pensée politique et sociale de Condorçet. C’est la raison sans doute pour laquelle on y parle de la doctrine politique constitutionnelle et de la doctrine politico-sociale de Condorçet sans trop s’attacher à sa mathématique sociale ou à sa conception de l’éducation. C’est à dire che l’Auteur s’intéresse davantage aux aspects modernes de cette pensée et que son livre, qui comble heuresemente une lacune est une invitation à la lecture"
(CHARLES PORSET, in " Dix-huitième Siècle ", Revue annuelle, Paris, 1981)
“Lo Scarcella dimostra che l’evoluzione graduale del pensiero sociale e politico e degli atteggiamenti del Condorçet non violano la sua coerenza di fondo. Tutto l’insieme delle progettazioni del Condorçet, osserva Scarcella, ‘è continuamente animato dalla fiducia di instaurare una vita umana sempre più degna dei suoi valori e delle sue finalità. La conciliazione tra governo diretto e governo indiretto non può essere considerata un semplice compromesso (…). E’ una conciliazione che si fonda non solo e non tanto sulla capacità eclettica della mente filosofica del filosofo, ma anche e soprattutto sulla sua ricca interiorità umana’. …A spiegare il fraintendimento condorcettiano della verità religiosa ci sembra pertinente un’osservazione dello Scarcella per il quale ‘Condorçet, compiendo alcune confusioni su problemi di delicato interesse teorico, identifica la verità religiosa con la sua realizzazione pratica, e soprattutto con gli uomini, esseri umani anch’essi perfettibili ma non perfetti, a cui è affidata la concreta realizzazione della verità religiosa’”.

(SANTE ALBERGHI, in "Filosofia", Torino, luglio 1981- fasc. III, anno XXXII)
“E’ giusto mettere oggi in rilievo l’importanza di Condorçet come pensatore e uomo politico, importanza spesso trascurata e a torto offuscata dalla maggiore celebrità accordata, in molti manuali e monografie, a Voltaire e a Turgot: in questo senso si muove il recente lavoro di Cosimo Scarcella che, insieme con quello critico di Gianni M. Pozzo (Condorçet tra illuminismo e positivismo, Verona 1980), sembra costituire una ripresa di studi condorcetiani, a venticinque anni di distanza dall’ultima monografia italiana sull’argomento (A. Cento, Condorçet e l’idea di progresso, Firenze 1956)…. Tutti questi aspetti dell’opera del Condorçet, visti come anticipatori di quella che oggi è detta genericamente ‘scienza sociale’, sono trattati estesamente nel libro di Scarcella, con l’ausilio di una notevole documentazione: ci auguriamo che esso possa stimolare una efficace ripresa di studi su questo filosofo, al quale onestà, coerenza ed equilibrio non fecero mai difetto, neppure poco prima della morte, quando, con incrollabile fiducia illuministica, terminò l’Esquiesse preconizzando i progressi futuri dello spirito umano. Mi sembra giusto concludere, con le parole di Scarcella, che ‘Condorçet … rimane … il filosofo dell’umanità ed il militante per il suo progresso e il suo perfezionamento’”.

(PAOLO BANFI, in "Sapienza", Napoli, aprile 1982).

domenica 1 gennaio 1978

Il pensiero di Jacques Maritain


Manduria, Lacaita Editore, Collana "Biblioteca di Studi Moderni", 1978, pp.389
“L’impegno dello Scarcella si distingue per serietà di ricerca e soprattutto per intima partecipazione alle idee del filosofo francese, a dimostrazione che il messaggio maritainiano contiene in sé una ricchezza di pensiero e insieme una carica ideale, che gli assicurano una vitalità che trascende le mode culturali. (…). Il libro di Scarcella (…) comprende due parti: una dedicata alle problematiche culturali e l’altra riservata alle problematiche pedagogiche. Questa distribuzione nasce dalla convinzione che ‘nell’ideazione dell’ideale storico concreto e nelle indicazioni per la sua realizzazione il problema pedagogico occupa un ruolo di primaria importanza’. Si badi: Scarcella avverte che ‘Maritain non ha dedicato molto spazio al problema pedagogico’, ma sottolinea nello stesso tempo che ‘oltre a ciò che è espressamente detto nei piccoli ma densi lavori pedagogici, troviamo in tutta la speculazione maritainiana profonde intuizioni e indicazioni fondamentali, che sarebbero molto utili specie nella situazione in cui si trovano ai nostri giorni la pedagogia e l’educazione’ (…). E’ una presentazione, dunque, che (…) mira a individuare alcune problematiche nodali nella riflessione maritainiana e a presentarle secondo ‘convinzioni sicuramente vive e profondamente sentite’, come avverte lo stesso Autore. E il libro si fa apprezzare proprio per questo carattere di partecipazione che caratterizza l’indagine filosofica dello Scarcella”.
(GIANCARLO GALEAZZI, in "Il Ragguaglio Librario", Milano, 1979, n. 3)

mercoledì 1 gennaio 1975

Problematiche culturali e pedagogiche in Jacques Maritain


Galatina, Editrice Salentina 1975, pp.147
Dalla INTRODUZIONE, pp. 11-12

“La visione cristiana dell’uomo, del mondo e del cosmo intero, e soprattutto l’interpretazione tomista del messaggio cristiano, con il conseguente ‘realismo critico’ in filosofia e il ‘personalismo’ moderato in pedagogia, troppo spesso sono state interpretate – e continuano ad esserlo – in maniera ‘timida’: timidezza che, forse comprensibile e giustificabile in altri periodi della storia, oggi però s’identifica con un atteggiamento che non si può dubitare di chiamare di falsità e di paura. Falsità da parte di alcuni che ancora pretenderebbero di usare la religione cristiana come ‘oppio’ (…); da parte di altri che temono di svilire Dio e di umanizzarlo (…). Più numerosi (e più pericolosi) sono i paurosi: l’autentica visione cristiana significa responsabilità e coraggio, azione e lotta, ripudio di ogni forma di neutralità e accettazione di una parte da sostenere. E’ comodo sentirsi strumenti di una legge universale e necessaria (…). E’ scomodo, perché impegnativo, sentirsi e vivere da artefici principali della propria esistenza storica e da co-attori della storia cosmica (…). Maritain, riproponendo al mondo contemporaneo ‘l’organismo’ filosofico e culturale di S. Tommaso, vuole dimostrare come non si tratta né di svilire la reale persona di Dio, né di voler portare l’aria contaminata di falsi smaniosi modernismi: intende solo dare all’uomo contemporaneo (…) la consapevolezza di ciò che è veramente”.

LEONARDO LEONARDI, Docente nella Facoltà Ecumenica di Bari , in “Il Galatino”, Galatina (Lecce), 13 novembre 1975
“Scarcella sa e sa esporre, ha e sa dare, con linguaggio piano, da latino, mediterraneo che rende facile anche il ‘difficile’ (…). Con serietà scientifica e lealtà morale, penetra il pensiero del grande filosofo cattolico francese e ne evidenzia il primato dell’intelligenza, la nobiltà della persona, il fascino della verità”.