Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.

lunedì 2 novembre 2015

LA RIFORMA DEL SENATO E LA SOSTANZA DELLA DEMOCRAZIA


Pubblicato su Affaritaliani il 14 ottobre 2015
La democrazia è sostanza di valori umani e di giustizia sociale, stile di vita, garanzia di diritti e di doveri. Certo, ha bisogno di norme procedurali e di regole di partecipazione e di comportamento, ma non può mai essere ridotta solo ad esse. Oggi assistiamo al Governo italiano che esulta. “Rottamata” la passata inerzia amministrativa, “asfaltate” le catastrofiche attese dei gufi di turno, giunge al traguardo della tanto sospirata e controversa riforma del Senato della Repubblica. E, senza interruzione di continuità, dà subito avvio alle nuove riforme, proclamate anch’esse come mezzo indispensabile per l’avanzamento civile e la crescita del benessere sociale. Si tratterà di riforme programmate e scandite secondo una ferrea modulazione anche dei tempi: si va avanti, nonostante tutto; non solo sorvolando su eventuali proposte di altre forze politiche, ma anche ignorando di fatto ogni confronto veramente disponibile, fino a ignorare gli ammonimenti avanzati dalla Banca d’Italia e persino a sprezzare le doverose annotazioni degli Organismi dell’Europa.
“E’ l’Italia che ce lo chiede”, è l’antifona  che vanno ripetendo i governanti. Il Cittadino italiano, invece, rimane incredulo, attonito: ha ancora davanti agli occhi le immagini delle scene delle Aule parlamentari, cui ha dovuto assistere nelle ultime settimane, suscitandogli perplessità e vergogna. Ora, però, placatosi alquanto l’ingarbugliato e incandescente clima politico, è opportuno, lasciare da parte ogni inutile lagnanza e commento, fermarsi per riflettere seriamente sulla condizione reale della vita democratica in Italia.
E’ ormai un dato di fatto l’esautorazione del dettato dell’articolo 1 della Costituzione. Ora preoccupa anche la sorte, cui sembra destinato anche l’articolo 3, che sancisce: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che (…) impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.  Tradotto in pratica, s’impone, per una democrazia realizzata, la “partecipazione” responsabile dei cittadini, costanti e attivi protagonisti della “organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Ne consegue che ogni riforma o “regola del gioco” dev’essere valutata in base ai contenuti che si vogliono perseguire e che debbono investire l’interesse generale di tutto il popolo, espresso tramite i suoi rappresentanti. Se ciò non viene consentito e garantito, ogni riforma può nascondere un astuto e mascherato sotterfugio per finalità antidemocratiche, che i cittadini, quando le scopriranno, rigetteranno con modalità non sempre prevedibili.
E’ chiaramente infondato e strumentale il sostenere che i governi hanno il “dovere di fare”, ovviamente nell’interesse del popolo, tutti gli interventi necessari, anche ad esso non graditi e che i partiti non farebbero mai per un proprio tornaconto elettorale. Ciò è falso: nella nazione - che sia democratica non solo formalmente, ma in primo luogo nella sua sostanza - dev’essere riconosciuto, sempre e in ogni circostanza, il diritto-dovere del popolo di autodeterminarsi, in qualsiasi direzione si decida di andare, compresa quella eventualmente non condivisa dal governante di turno. La vitalità d’un popolo  democratico ammette solo i limiti e le forme che pone da sé, in via temporanea e transitoria, sempre disposta a superarli sino a rovesciarli. “Se a me socialista – insegna Sandro Pertini - offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare”. 

Ciò di cui soffre la politica italiana è evidenziato dall’incremento quotidiano del maggiore partito: quello degli elettori che non votano e che si confermano nel rigetto di una politica chiusa in se stessa, lontana dal popolo e insensibile ai suoi veri problemi. A riparare questa grave situazione non basta produrre riforme con l’ausilio di “una” maggioranza racimolata, momentaneamente utile, ma variopinta e non sempre disinteressata. E’ necessario ricostruire il partito politico previsto dall’articolo 49 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti, per concorrere con metodo democratico a determinare a politica nazionale”. Ma, guardando serenamente la politica italiana degli ultimi decenni, risuonano le parole di Enrico Berlinguer: “ I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela”. 

Il Presidente del Consiglio e Segretario del maggiore partito di oggi ha probabilmente capito il problema e intuito anche la soluzione: ricreare partiti fatti dai cittadini, liberi e consapevoli, per riportare l’azione politica nei suoi veri binari. Probabilmente sta impegnando questi suoi primi tempi a prepararne la strada giusta. Probabilmente è la tirannia della situazione eredita che lo costringe a “collaborare” con un Parlamento di nominati e con capi-partiti interessati a se stessi. Ma a questo proposito non disdegni di riflettere su un consiglio d’un suo predecessore, che contribuì coraggiosamente a ricostruire in Italia una vita materiale e morale degna degli italiani: “Non sostate – ammonì Alcide De Gasperi - sui labili espedienti, non illudetevi con una tregua momentanea, con compromessi instabili”. Il corpo sociale del popolo italiano è sano e incorrotto: va ascoltata soprattutto la sua voce. Oggi il pericolo non è una paventata deriva autoritaria, ma la rottura dei rapporti con il popolo.       

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