Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.

mercoledì 3 novembre 2004

GRANDEZZA E VALORE DELL’UOMO

Due frammenti di Giacomo Leopardi – considerati con attenzione e unitamente – sembrano quanto mai adatti a capire molti “uomini”, e soprattutto molti di quelli che guidano le sorti umane, sia di comunità locali che di nazioni piccole e grandi. Leggiamoli:

a) “I fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli uomini il nulla nel tutto”.
b) “E’ curioso a vedere che quasi tutti gli uomini che valgono molto, hanno le maniere semplici; e che quasi sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco valore”.
Intelligenza e cuore non possono essere mai separati; anzi, devono essere tenuti sempre uniti. Anche nel considerare e valutare il mondo “globalizzato” che si vuole sia sempre più dominato dal libero mercato. La grandezza e il valore della dignità dell’uomo, infatti, non possono essere esclusi dalla legge del liberismo “totale”. Anche Leopardi, a suo tempo, aveva avvisato i contemporanei dei rischi d’un’eccessiva fiducia nella “meccanizzazione”. Un volto cupo e tormentato non è sempre espressione di pensiero profondo, anzi spesso nasconde angoscia e tormento; così come un volto disteso e modesto, non è necessariamente segno d’incapacità e di paura, ma spesso nasconde la audacia vera e il coraggio “umano”.

L'UOMO E LA SUA DIMESIONE NEL FUTURO

L'uomo per sua essenza corre verso il futuro:
un futuro non solo esistenziale e storico,
ma anche come custode di senso pieno,
che trascende e attira a sé.
La sensazione non è di estraneità;
anzi, è di riconoscimento di un luogo quasi familiare,
totalmente corrispondente alla propria natura più profonda.
La pace che dà gioia serena.
Il futuro, però, è vissuto come un luogo ancora lontano.
Ed è veramente ancora lontano:
da attendere, da costruire, da compiere.
Sempre.
Questo è il senso proprio d’ogni umano anelito.
Questa è la causa dell’umana sete d’approdo
.

domenica 31 ottobre 2004

Qualunque formazione e organizzazione sociale, che vogliano sussistere e sopravvivere in quanto tali, indipendentemente dalla propria entità quantitativa e dal fine che intendono perseguire, hanno bisogno della presenza operosa di un detentore dell'autorità, cioè della capacità e della responsabilità di dirigerle e amministrarle. Non v'è famiglia autentica senza l’autorità parentale; non v’è scuola educante senza l'autorità d’un educatore intellettualmente preparato e umanamente formato; non v’è tribunale giusto senza l’autorità di una magistratura credibile; non v’è organismo dello Stato senza l’autorità di un governante seriamente accreditato. In ogni forma di società umana è necessario, quindi, che ci sia chi abbia il potere d’ indirizzare la volontà degli altri secondo la propria.
La differenza, però, che distingue una società civilmente progredita e moralmente accettabile da una società indegna delle reali dimensioni dell’uomo sta nelle modalità con cui il detentore dell’autorità la esercita. Oggi s’assiste con frequenza – e in ogni campo: civile, militare, politico, religioso, culturale, economico - a detentori dell’autorità fondamentalmente convinti che essi possono (e talora addirittura debbono) pretendere e ottenere l’ubbidienza al proprio volere, solo “in quanto autorità costituita”. Oggi, soprattutto laddove sono stati conquistati i principi della democrazia e i valori della libertà, non c’è alcuna esigenza di questo tipo d’autorità; anzi, al contrario, è quanto mai da evitare, proprio perché fondata e sostanziata della forza brutale, che s’addice a società primitive o di basso livello di civiltà. Nel nostro mondo c’è, invece, grande bisogno ma di “autorità autorevoli”, cioè di chi detenga il potere ed eserciti le proprie funzioni nella sfera privata o in quella pubblica, grazie e in nome della sua capacità di ottenere fiducia e obbedienza – prima e oltre che per la carica – soprattutto per superiorità morale e intellettuale, per competenze specifiche e particolarmente rilevanti, per dignità derivante dalla testimonianza di una vita tale da fornire elementi certi di giudizio e dati significativi di valutazione. La democrazia e la libertà hanno bisogno di credibilità e di prestigio: cioè, non di forza economica o militare, ma di autorevolezza fatta di spessore intellettuale e di seria gravità morale. E non è un’astratta utopia. E’ solo l’ideale di ogni uomo che continua a credere, comunque, nella ragionevolezza dei propri simili: è il suo ideale, per il quale ritiene che valga la pena di vivere; ma è anche l’ideale verso il quale deve guardare ogni civiltà che non voglia condannarsi al proprio annientamento.