Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.

martedì 20 settembre 2005

Noi, gli eremiti di massa

Così, Umberto Galimberti ha sintetizzato emblematicamente uno dei “miti d’oggi” nelle colonne di Repubblica (18 agosto 2005, pag. 35). Secondo lo studioso, oggi “si vive separati l’uno dall’altro, come i monaci di un tempo”, in quanto gli attuali mezzi di comunicazione rendono tutti gli uomini spettatori e non artefici e protagonisti degli accadimenti. La conclusione è consequenziale: “Le mille voci che riempiono l’etere eliminano le differenze tra gli uomini. E li rendono sempre più soli”.
Le riflessioni del Galimberti scorrono fluide e incontrastate:
  1. gli interlocutori di un dialogo non comunicano, oggi, esperienze personali soggettive e diverse. Ognuno ascolta, e a sua volta narra, ciò che già sa (dai e grazie ai molti mezzi di comunicazione: dal telefono a internet, dalla televisione alla stampa, dalla radio alla pubblicità);
  2. questo non significa prendere posizione sulla bontà o meno dei mezzi di comunicazione nè discutere sui buoni e cattivi maestri; ma significa solo “sentirsi costretti” a prendere atto che “la natura umana” è cambiata (e qui non si parla se in meglio o in peggio!);
  3. “Lo scambio – scrive l’Autore – ha un andamento solipsistico, dove un numero infinito di eremiti di massa comunicano le vedute del mondo quale appare dal loro eremo, separati uno dall’altro, chiusi nel loro guscio come i monaci di un tempo, sui picchi delle alture, non per rinunciare al mondo, ma per non perdere neppure un frammento del mondo in immagine”;
  4. Ecco la situazione capovolta tra interiorità ed esteriorità: prima si meditava in solitudine, si viveva nell’intimità protetta del proprio ambito familiare e, successivamente si andava in piazza per realizzare la vita sociale trattata come progettato nel proprio pensiero; oggi,al contrario, ci si rifugia nell’intimità della propria camera, dove si apprende e si vive la vita cosmica di tutto e di tutti, su tutto e su tutti;
La conclusione più immediata è che i mezzi di comunicazione attuali, indipendentemente dall’uso che se ne faccia, hanno determinato dei mutamenti essenziali nella stessa natura dell’uomo. Si tratta di una vera mutazione “oggettiva” e non solo “funzionale”:
Se il mondo viene a noi – sostiene il Galimberti – noi ‘non siamo nel mondo’,… ma (siamo) semplici consumatori del mondo. Se poi viene a noi solo in forma di immagine, ciò che consumiamo è solo il fantasma. Se questo fantasma lo possiamo evocare in qualsiasi momento, siamo onnipotenti come Dio. Ma poi questa onnipotenza si riduce, perché, se possiamo vedere il mondo senza potergli parlare, siamo dei voyeurs condannati all’afasia
I mezzi di comunicazione, allora, non sono soltanto dei “mezzi”, dal momento che incidono e determinano in maniera consistente la stessa natura dell’uomo. L’uomo deve recuperare la capacità di fare esperienza. L’uomo non è onnipotente; come non sono onnipotenti i mezzi di cui dispone. Milioni di uomini solitari dovranno comunicare esperienze nuove e umane: al di là dei mezzi di cui dispongono.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Il concetto di "eremiti di massa" non è originario di U. Galimberti, ma della Scuola di Francoforte diertta da Max Horkheimer, che negli anni Trenta opoerò una critica nei confronti della società di massa e delle possibili manipolazioni dei singoli in essa. Mi dispiace che nell'articolo il filosofo italiano non ne faccia riferimento. Il significato e il nesso che Galimberti stabilisce con la comunicazione mediata da computer è interessante.