L’Italia necessita di politica seria e responsabile. Gli Italiani chiedono politici preparati, affidabili, all’altezza dell’incarico. Sembrano cittadini disinteressati e disincantati, e invece sono vigili e accorti; seguono ogni accadimento, sempre più allarmati nel notare che gli attuali capipartito sono troppo impegnati a delegittimarsi reciprocamente, rinfacciandosi vicendevolmente il rispettivo passato (non certo sempre esemplare) e ciascuno promettendo con orgoglio (e talora con sfrontatezza) di rendersi garanzia d’un futuro di benessere e di sicurezza.
I cittadini, però, non sono
tanto inesperti e ingenui; non restano più a sentire e a guardare soltanto: capiscono,
intuiscono i messaggi nascosti, trepidano. Si propongono di continuare a tollerare
il deludente scenario politico, mostrando estrema sensibilità civica e profonda
responsabilità etica, ma aspettando tempi migliori. Essi vivono con dignità e
risolvono con concretezza i propri problemi quotidiani, spesso dolorosi e
drammatici. E non hanno alcuna voglia di sentirsi ripetere le solite noiose
litanie da parte sia delle maggioranze e sia delle opposizioni, verso cui nutrono
diffuso scetticismo e seria sfiducia. Il cittadino onesto si sente rapinato
della sua umanità: non riesce a convincersi come mai uomini come lui, una volta
“conquistato” il potere, diventano insensibili ai bisogni e indifferenti alle mortificazioni,
che umiliano, per esempio, l’anziano che vive negli stenti e ogni giorno ascolta
o legge la cronaca di impudenti resoconti di scandali, truffe, evasioni e
corruzioni, davanti a cui i politici non raramente o tacciono o chiariscono o
tergiversano con bizantinismi sottili e capziosi, attenti solo a non dispiacere
al proprio più o meno ampio elettorato.
Nel mondo della
politica italiana prolificano i partiti e, di conseguenza, si moltiplicano i
capipartito che, in qualunque collocazione vadano a trovarsi (o di maggioranza
o di opposizione), si avversano su ogni iniziativa, nell’ottica ristretta del tornaconto
della propria parte, che ovviamente non coinciderà mai con i bisogni di tutto
il popolo, sempre invocato da tutti, ma da tutti sempre disatteso. Opposizioni
che dettano con superficiale saccenteria consigli a maggioranze, che con
irresponsabile arroganza “non accettano mai lezioni da nessuno”, sentendosi i conoscitori
competenti d’ogni esigenza del Paese e gli unici possessori dei rimedi
veramente validi. Come se avesse senso parlare di “opposizione che verifica e
suggerisce” e di “governo che ascolta e governa”; cioè, di una minoranza che
contribuisce al migliore funzionamento dello Stato e di un governo che attua i
propri programmi e nello stesso tempo risolve al meglio ogni problema ereditato.
Così sarà sempre per ogni governo che subentra al potere: rimediare a carenze
ereditate e realizzare nuovi traguardi, programmati e condivisi con tutte le
parti che esprimono le molteplici volontà dei cittadini.
Ecco, allora, che
il cittadino non sa cosa pensare di fronte a governanti che, mentre ostentano esageratamente
il loro operato, deridono inopportunamente i governi precedenti e scherniscono
pericolosamente come “uccello
del malaugurio” chiunque sia di diversa opinione. Messaggio equivoco e rischioso, in
quanto si produce la sensazione che si realizzano provvedimenti “per” una parte
sollecitata a gioire d’un proprio trionfo, “contro” altre parti condannate ad
arrendersi miseramente. I cittadini, però, nutrono altre aspettative da un
governo, che si professi repubblicano e democratico. Chiunque governi
democraticamente, infatti, deve porsi sempre e comunque al di sopra d’ogni
parte e ascoltare tutti, addossandosi ovviamente la responsabilità delle
decisioni ultime, da prendere solo in vista del bene di tutta la Nazione.
Invece il cittadino assiste a spettacoli del tutto opposti: la politica, da
azione comune per il bene di tutti, è ridotta a verbosi dibattiti superflui e dannosi,
tesi solo ad accontentare i propri elettori. Ma non è nemmeno sempre così. L’unico
risultato sicuro è di allontanare dalla politica altri cittadini benpensanti, ingrossando
la già numerosa schiera di quelli che non si recano più nemmeno alle urne.
Ecco allora: gli
Italiani hanno bisogno di uno “statista”, cioè di qualcuno di degna levatura e con doti di statista,
cioè di chi pensa alle esigenze di tutto il popolo e opera per risolvere i
problemi dello Stato intero, e non di una parte grande o piccola. Essere capo
d’un partito non vuol dire avere la statura di statista. Infatti, si
moltiplicano le riunioni e i convegni (la nota ‘convention’) di persone, che si riuniscono per
discutere di argomenti di interesse comune a loro, ma non certo di dimensioni generali
ed estese quanto tutto lo Stato.
Si
assiste in adunate in cui echeggiano parole svuotate d’ogni solido contenuto.
Che significato hanno in simili convegni le parole, quali democrazia, riforme,
giustizia, libertà, etica, responsabilità. Sono ormai parole che hanno perduto
il loro significato originario e significano tutt’altro. Domina l’arte oratoria,
ma anch’essa stravolta: da arte del comunicare idee e generare pensieri
sensati, è trasformata in artificio, con cui occultare la totalità della verità
con la violenza dei toni e la sovrabbondanza delle immagini, suscitando sentimenti
e risentimenti, ma di sicuro non generando responsabile riflessione.
Lo
statista usa poche parole e molta autorevolezza. Basti ricordare il discorso breve (non a braccio, ma preparato con due
mesi di lavoro meticoloso) del Presidente
Kennedy, quando nel 1960, all’età di 43 anni, il più giovane presidente
eletto dal popolo americano, sottolineò - con misurate scarne parole - l’importanza della politica come servizio nazionale: “Miei concittadini
americani, non chiedete cosa il vostro paese può fare per voi, chiedete cosa
potete fare voi per il vostro paese”. E così pure il “Gorbaciov, abbatta questo muro!”: quattro scarne parole dette nel 1987 da Ronald Reagan durante un discorso tenuto
presso la Porta di Brandeburgo il 12 giugno 1987; due anni dopo cadrà il muro e
il sarà cambiato mondo intero. E non mancano esempi e modelli nella nostra
Italia repubblicana: non sono da meno, infatti, Alcide De Gasperi, Aldo Moro,
Enrico Berlinguer, per ricordarne alcuni.