Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.

domenica 8 aprile 2012

DEMOCRAZIA IN CRISI. DIGNITA’ UMANA E GIUSTIZIA SOCIALE

La “democrazia”, prima che una dottrina politica e una forma di governo, è una visione generale dell’uomo e del mondo, fondata su valori propri e caratterizzata da princìpi consolidati e storicamente sperimentati. La concezione ideale normalmente condivisa di democrazia è riassumibile nella formula “governo del popolo, da parte del popolo, per il bene del popolo”. Si tratta di un trinomio inseparabile, tale, cioè, che in mancanza di uno solo dei tre termini, la sostanza dello spirito democratico rimane incompiuta, falsata e tradita. Ogni popolo ha bisogno di una guida e, quindi, deve poter contare su un “buon governo”. Ad accollarsi questo peso e a caricarsi questa responsabilità debbono essere, perciò, guide esperte, sagge e prudenti; chiunque si gravi della responsabilità di governare un popolo deve possedere competenze adeguate, conoscenze ampie e idonee, doti morali d’indiscussa trasparenza, princìpi etici solidi ed esemplari. Il “governante”, che voglia essere e agire “democraticamente”, si deve astenere da ogni tornaconto personale o da qualunque interesse esclusivo di qualche gruppo, dedicandosi, al contrario, esclusivamente ad amministrare quale delegato da tutto il popolo e per il bene di tutto il popolo. Questo significa che egli, almeno per tutto il tempo in cui è responsabile della cosa pubblica, cessa d’essere cittadino “privato” o “di parte” e diventa “pubblico”, cioè di tutti; come tale deve sottoporsi a continua verifica da parte del popolo, in modo da potersi proporre a tutti come “modello” di onestà, di probità, di altruismo disinteressato e gratuito. Solo così sarà e mostrerà a tutti d’essere testimonianza di democrazia autentica: questa, infatti, è servizio rivolto a tutti e reso con impegno e disinteresse; servizio, cioè, che rigetta qualunque forma di attaccamento al potere e rifiuta ogni tentativo d’asservimento del potere a obiettivi personali o di parte.

La democrazia, di conseguenza, non resta mai una pura idea astratta, ma s’incarna nelle persone concrete che la gestiscono e si traduce in regole operative quotidiane, che ispirano e dirigono i comportamenti concreti sia dei governanti sia dei governati. E i caratteri fondamentali dello stile democratico risultano l’altruismo, la coerenza, l’integralità, la testimonianza. Grazie alla condotta suggerita da questi valori, il sistema democratico persegue e garantisce lo sviluppo materiale e morale dei singoli e dei popoli, in quanto permette di capire e di gestire il presente nel massimo rispetto del passato e nella ragionevole proiezione del futuro. Quando, invece, il sistema d’un governo e il modo concreto d’operare d’una democrazia s’allontanano dagli ideali democratici o addirittura ne tradiscono i valori fondamentali, s’apre inevitabilmente il precipizio delle crisi, che generano demagogie e sfociano in populismi più o meno camuffati.

Una delle conseguenze che nascono dalla crisi della democrazia è il dilagare dell’ingiustizia in ogni sua forma: da quella giuridica a quella politica, da quella sociale a quella economica. Ora, è innegabile che nei nostri tempi s’assiste a gravi casi d’indebolimento della democrazia e, in qualche caso, addirittura di un suo sostanziale tradimento. E, quando ciò accade, è perchè comincia a venir meno soprattutto il terzo termine del “trinomio democratico”; cioè, perché si dimentica il “bene di tutto popolo”, si trascura e si misconosce il “primato del bene comune”; e, siccome questo è il fondamento dell’intero sistema democratico, resta necessariamente compromesso l’intero assetto della società, che viene sommersa dalle macerie di quello stesso stato, che avrebbe dovuto tenerla riparata e tutelata.

Il segno più evidente di una democrazia in crisi è il graduale distacco tra governanti e governati: i primi diventano sempre più insensibili e sordi alle giuste esigenze dei secondi, i quali, sentendosi misconosciuti e vedendosi trascurati, perdono la fiducia in chi dovrebbe governarli, per cui ricercano direttamente vie più o meno traverse o imboccano scorciatoie forse criticabili, ma certamente per loro efficaci. Questa situazione, però, determina il rovesciamento del potere democratico, perché ne snatura l’essenza: esso, infatti, non è più servizio generoso e gratuito verso gli altri, ma diventa asservimento disumano degli altri agli interessi propri e di parte. Diventa, allora, normale, anzi legittimo e addirittura necessario il beffeggiare chi concepisce e compie l’impegno politico come “dovere morale” e, all’opposto, si sbandiera come naturale e giusta la pretesa di chiunque di disporre di un chimerico (e tuttavia arrogante e pericoloso) “diritto di fare politica” (intesa come ‘possesso del potere’), come se il governare un popolo possa essere uno dei tanti lavori, cui dedicarsi, per tener occupato piacevolmente il tempo della propria vita. Ovviamente in questo clima si creano gruppi di cittadini avversari, che si vivono non come compagni d’una stessa sorte, ma come rivali e addirittura nemici, che debbono combattersi reciprocamente, rivendicando ciascuno esclusivamente i propri bisogni. Attecchisce e prospera, così, la triste pianta dell’egoismo individuale e di gruppo, su cui s’innestano e prosperano demagogia e populismo capeggiati dall’astuto agitatore di turno.

Cosa aspettarsi da un simile stato di cose, se non il proliferare delle ingiustizie, naturalmente propagandate come necessarie premesse per successive conquiste di benessere di tutti? Ecco, allora, la gravità dei problemi generati da ogni crisi della democrazia. Problemi che possono essere risolti, almeno in parte, solo riscoprendo nella vita sociale la dignità della persona umana e riproponendo di fatto nel governo dei cittadini la centralità dei loro diritti e dei loro doveri in quanto persone tutte d’uguale valore. Questo significa creare e mantenere sistemi politici e governativi costruiti sulla “reciprocità”. Non è più pensabile, infatti, una società “gerarchica”, nella quale i cittadini siano divisi in classi diverse e, quindi, la distribuzione di diritti e di doveri sia “giusta”, solo se rispetta la “proporzione gerarchica”. Le società dei nostri giorni, invece, sono “egalitarie”, per cui si riconoscono tutti i cittadini di pari valore e di uguale dignità: di conseguenza, ogni cittadino, in quanto persona, gode degli stessi diritti e degli stessi doveri, indipendentemente dalla scala sociale di appartenenza. Questa concezione dell’uomo e della politica è quella proposta dal personalismo cristiano, secondo cui l’uomo è unità integrale di corpo e di spirito, aperto alla dimensione della socialità: cioè, è “persona” dotata di razionalità e di conoscenza, di volontà, di sentimento, di libertà e, quindi, di responsabilità, cui non può né deve rinunciare.

martedì 7 giugno 2011

GIOVANI, MORALE E FELICITÀ

Il mondo dei giovani d’oggi è una realtà complessa e mutevole e, proprio per questo, non si presenta come un sistema immediatamente e chiaramente riconoscibile. Esso è, piuttosto, come un universo aperto, nel quale s’incontrano e si scontrano inclinazioni diverse, talora contraddittorie. Questo potrebbe far pensare che è problematico formulare e presentare una proposta morale fatta su misura delle necessità dei giovani. Infatti, da una parte, negli ultimi decenni sono intervenuti mutamenti così rapidi e profondi che è quasi impossibile fare un confronto con il passato anche recente; dall’altra parte, le diversità del presente sono così importanti che non consentono di fare riferimento a modelli culturali certi. Ciò non toglie, però, che nel comportamento dei giovani dei nostri giorni esistano e si possano rintracciare tratti caratteristici, ai quali riferirsi, per sviluppare una proposta di morale. Questa proposta, però, non dovrà solo puntare a prescrivere precetti dettagliati e precisi, ma dovrà anche (e soprattutto) mirare a illuminare il campo della libertà dei giovani, offrendo loro la possibilità d’autonomia di giudizio e di responsabile autodeterminazione.

Sotto quest’aspetto si rileva subito un elemento significativo e importante: cioè la forte aspirazione dei giovani a ricercare la felicità, a soddisfare i loro bisogni, a migliorare la qualità della loro vita. Allora, è quanto mai doveroso fare i conti con quest’aspirazione dei giovani, stando attenti, però, tanto a non cedere ad accondiscendenze frettolose e ingenue, quanto a non rimanere prigionieri di prevenzioni e di paure eccessive. Infatti, se è vero che il far prevalere nelle scelte la libera decisione dei singoli può condurre ai pericoli dell’indifferenza e del relativismo, è anche vero, tuttavia, che può costituire una preziosa occasione, perché il giovane conquisti una più alta forma di moralità, centrata sulla maturazione della sua coscienza e sull'assunzione concreta delle sue responsabilità.

Del resto, oggi i giovani rifiutano chiaramente e con fermezza le morali, che si fondano su leggi oppressive e su imposizioni esterne, e reclamano con decisione una morale fondata sulla coscienza personale formata ragionevolmente e sulle responsabilità assunte volontariamente. Naturalmente quest’atteggiamento può nascondere equivoci e ambiguità, in quanto talora vuol significare un volersi “liberare” da insegnamenti scomodi e da proposte impegnative, per aderire (o meglio, per “asservirsi”) a modi di pensare propri del consumismo e libertarismo. E questo è un atteggiamento molto pericoloso, perchè non permette di stabilire e rispettare una scala di valori credibili e condivisi, in quanto molti bisogni, che vengono sollecitati dalla società, hanno lo scopo di mantenere sistemi socio-economici, che coprono profonde ingiustizie e gravi sperequazioni tra gli uomini.

Questa situazione, però, ha i suoi aspetti costruttivi, che sono d’estrema importanza. Infatti, con questa loro rivendicazione i giovani (nella loro maggioranza) esprimono l’esigenza di liberarsi da divieti inutili e di sottrarsi a tradizioni ormai superate, ma imposte autoritariamente dall’esterno. Essi rivendicano il bisogno di vivere secondo una propria identità: e questo bisogno non dev’essere interpretato con superficialità come il tentativo di sfuggire ai propri doveri, ma va inteso come il segnale del loro legittimo e lodevole ricercare una morale, che sia espressione della propria coscienza, la quale, in verità, è la vera sede delle decisioni umane autentiche. E’ chiaro, comunque, che quest’esigenza dei giovani va gestita con estrema prudenza: ne va compresa e valorizzata la ricchezza dei contenuti, ma, nello stesso tempo, ne vanno previsti e neutralizzati i pericoli d’ogni eccesso.

Solo in questo contesto, però, si può collocare il problema delle regole morali per i giovani. Infatti, il pericolo del relativismo morale è generato dalla confusione tra “valori” e “norme” di comportamento, per cui è necessario intendersi sul loro significato. I “valori” sono fondati direttamente sui diritti fondamentali della persona, per cui costituiscono il punto di riferimento essenziale della condotta umana. Le “norme”, invece, hanno, per loro natura, il carattere di relatività, in quanto sono (e debbono) essere dettate dalle situazioni concrete e, come tali, sono destinate a mutare col mutare delle condizioni sociali e culturali. Pertanto, una morale della responsabilità, che faccia appello innanzi tutto alla coscienza del singolo, dev’essere per la maggior parte impostata come “morale dei valori”, senza preoccuparsi eccessivamente di somministrare “ricette” particolareggiate valide per tutte le situazioni. Sottolineare eccessivamente l’importanza delle norme dettagliate, non solo determina atteggiamenti di pura acquiescenza, ma finisce anche per rendere labile nelle coscienze il rapporto con i valori.

Di qui l'esigenza di assumere, nel campo dell'educazione morale, un atteggiamento propositivo, che punti a offrire uno stile di vita complessivo, in cui ognuno sia capace di articolare autonomamente la scala gerarchica dei valori, e tale che venga assimilato in profondità dalla coscienza dei singoli. La vita morale, cioè, non va presentata come un’astratta ipotesi di principi sganciati dall'esistenza, ma come un cammino di crescita verso una meta ideale, i cui lineamenti vanno, di volta in volta, identificati nella loro concreta possibilità di attuazione dentro la vita della quotidianità. Oggi i giovani colgono con maggiore realismo la compresenza del bene e del male nella realtà della loro vita quotidiana e vivono con sofferenza la crisi dei valori veri e la sfiducia nelle capacità umane. Possono uscire da questo stato di sofferenza, solo se ritroveranno la fiducia nella propria ragione, capace di discernere e di decidere. Il recupero del valore della coscienza individuale – se bene inteso e lealmente perseguito - può costituire un momento felice per il recupero d’una nuova morale umana.

lunedì 9 maggio 2011

I GIOVANI E I VALORI DELLA VITA

Nei confronti della condotta di molti “giovani di oggi” non è né difficile né raro sentire affermare - forse un po’ troppo semplicisticamente - che essi non hanno valori che li sostengano e li guidino, non nutrono ideali che li facciano impegnare responsabilmente, non si prefiggono mete elevate da raggiungere, soprattutto se richiedono sacrificio. Insomma, i giovani di oggi non coltiverebbero interessi validi né per se stessi nè per gli altri, in quanto sarebbero privi di valori morali veri.

A questo punto, però, sembra opportuno chiedersi se sia davvero così. E, soprattutto, domandarsi: quali sono i valori che i giovani di ieri avevano e che i ragazzi di oggi dovrebbero avere e non hanno? Quali sono gli ideali che hanno fatto sognare e vivere la generazione di ieri e di cui l’attuale generazione sarebbe priva? Quali sono gli interessi che hanno animato i giovani dei decenni passati e che il giovane dei nostri giorni non apprezzerebbe? Sforzarsi di trovare lealmente risposte a questi interrogativi è di grande importanza per il bene sia dei giovani e sia dell’intera società. Infatti, il futuro delle società e il destino di tutta l’umanità sono strettamente connessi alle scelte dei giovani, da cui dipendono inevitabilmente. Entrare in contatto con i giovani, però, non è sempre facile, soprattutto quando essi sono sommersi da messaggi, che li spingono verso visioni incerte e superficiali della morale.

Per ottenere qualche risposta credibile, allora, è necessario in primo luogo decidere che cosa sono i valori morali e qual è la loro funzione. Ora, si possono considerare “valori morali” tutte quelle regole, quei principi e quelle linee di condotta, che consentono a ciascuno di progettare la propria esistenza, di stabilire le proprie priorità, per compiere le scelte individuali ritenute appropriate al proprio progetto di vita. Questo, in verità, vale per tutti e per ogni età; ma è maggiormente importante per i giovani, i quali, man mano che crescono, debbono affrontare le difficoltà di un mondo, che spesso non conoscono bene, per cui debbono possedere validi punti di orientamento, che li illuminino nel fare le scelte giuste.

Quando, però, si va ad individuare quelli che debbono essere i “punti di riferimento” fondamentali e i “valori” veri, nasce il bisogno di capire quali sono le responsabilità e il ruolo degli adulti in tutto ciò. Infatti, non possiamo pensare di cambiare la cultura o d’influire sulle persone, se non ci impegniamo noi stessi nel dare testimonianza sicura di quei valori, che richiediamo che ci siano e che vogliamo che gli altri condividano e facciano propri. Gli adulti, quindi, non possono pretendere dai giovani una testimonianza di vita morale, senza avere prima essi stessi sviluppato e testimoniato un proprio modo di vivere morale degno d’essere presentato alle nuove generazioni.

Ora, non c’è dubbio che alle nuove generazioni si cerca di dare (o, in alcuni casi, almeno di suggerire) sin dalla prima infanzia un indirizzo etico, perché è stata sempre riconosciuta l’importanza per ogni uomo di vivere secondo un comportamento degno della natura umana. E da sempre ci si è resi conto che la vita dell’uomo non può essere ridotta ai soli bisogni del corpo (magari da soddisfare con ogni mezzo), e all’inseguimento del benessere materiale (magari da raggiungere sempre e a ogni costo). L’uomo, infatti, è dotato anche di ragione e di spirito, per cui, in quanto essere umano, è prima di tutto capacità di ragionare e di decidere cosa fare, per vivere in maniera piena la propria esistenza e convivere con gli altri in condizioni serene. È grazie alla ragione esercitata nella vita quotidiana che nasce e si sviluppa in ciascuno il senso di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato, cioè, l'idea di bene e di male. Quindi, conquistare forti valori morali, a cui ispirarsi nell'agire quotidiano, significa compiere un percorso, mediante il quale, giorno per giorno, attraverso anche fallimenti e afflizioni, si giunge a capire quello che per ciascuno è veramente importante e pieno di significato per la vita propria e degli altri.

Ovviamente questo percorso non viene compiuto nell’isolamento né viene realizzato nel chiuso del recinto della propria individualità. Non si nasce da soli, non si cresce da soli, non si vive da soli. L’uomo è un essere sociale: e sono proprio le persone che lo circondano che influenzano la sua strada e gl’indicano la via che potrebbe seguire; sono le persone più vicine che, inevitabilmente, influenzano la scelta di quelli che saranno i valori di ciascuno. Quindi, è innanzitutto dalla famiglia che giungono le prime e più importanti informazioni. Una famiglia, fondata sull’altruismo generoso e quotidianamente alimentata dal senso di donazione gratuita, comunicherà ai suoi membri certamente i valori della corresponsabilità, della complementarietà, della dedizione, della generosità; una famiglia, invece, fondata sull’egoismo, preoccupata solo per i propri problemi e attenta esclusivamente al raggiungimento dei propri interessi, non potrà che inviare messaggi d’assoluta indifferenza per gli altri e infonderà sentimenti d’insensibilità, di ostilità e di cinismo morale. All’azione della famiglia seguirà l’opera della scuola. Se nella vita della scuola ci sono operatori professionalmente preparati, umanamente pronti a intuire i problemi dei giovani e capaci d’indicare loro nobili traguardi, da raggiungere con sistemi onesti, certamente vengono gettati semi di rettitudine umana e di sana solidarietà, i quali, sviluppandosi, creeranno futuri uomini adulti maturi, che sapranno separare ciò che è buono da ciò che è cattivo. Infatti, quando il giovane, a suo tempo, s’inserirà nella vita della società, porterà in essa le idee rette, i principi sani e i valori morali, ch’egli ha acquisito e fatto propri, e arricchirà così tutti quelli che lo circondano a livello culturale, morale, politico e religioso.

Un compito non facile, che hanno dovuto affrontare anche i “giovani di ieri”, ma forse con una differenza notevole: oggi, infatti, messaggi pubblicitari e società esterna hanno assunto un’influenza maggiore che in passato. Ma è comunque importante che i giovani acquisiscano una morale, e non sottovalutino il ruolo che debbono svolgere: è nella loro buona condotta che si nasconde la speranza del mondo; un futuro morale degno dell’uomo dipende solo da loro. Infatti, i comportamenti di oggi segneranno fortemente il domani. Il problema è che a volte non sono solo i giovani a non avere valori morali, ma hanno le loro responsabilità anche i “grandi”.