Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.

mercoledì 20 gennaio 2016

DRAMMATICA ATTUALITA’ DEL “MANIFESTO RUSSEL-EINSTEIN”

Pubblicato su Affaritaliani il 16.01.2016

 “Questo è, dunque, il problema che vi presentiamo - affermavano sessant’anni fa il filosofo Russel e lo scienziato Einstein -, è problema orrendo e terribile, ma non eludibile: metteremo fine al genere umano oppure l'umanità saprà rinunciare alla guerra? La gente non vuole affrontare questa dicotomia, perchè abolire la guerra è difficile”. Anche oggi, purtroppo, nonostante siano trascorsi sessant’anni ricchi di esperienze umane e di conquiste culturali, l’umanità si ritrova in situazioni ugualmente “orrende e terribili”. 

Alla metà del secolo scorso dominava paurosamente la “guerra fredda” e incombeva pericolosamente il rischio d’una guerra nucleare, che avrebbe devastato il pianeta terra e annichilito l’umanità intera. Nel marzo 1954, infatti, gli USA avevano sperimentato la potentissima bomba all’idrogeno, provocando una pioggia radioattiva vasta e micidiale. La BBC inglese, allora, invitò lo scienziato polacco Joseph Rotblat a evidenziare gli aspetti tecnici della bomba H insieme all’arcivescovo di Canterbury e al filosofo Bertrand Russell, che ne avrebbero discusso le implicazioni morali. Fu l’occasione perché ci si rendesse concretamente conto dell’enorme pericolo che incombeva sull’umanità intera. Russel partecipò le conclusioni del confronto ad altri intellettuali e fisici, tra cui Einstein, col quale concordò sull’opportunità di estendere a tutti la conoscenza del rischio, coinvolgendo soprattutto i maggiori responsabili della vita dei popoli e della salvaguardia della terra: il mondo dell’intellighenzia, i governanti, i pionieri dell’industria, i magnati dell’economia e della finanza.  Nacque il documento noto come “Manifesto Russel-Einstein”, ma che fu subito condiviso e sottoscritto anche da Max Born, Percy W.Blidgeman, Leopold Infeld, Frederic Joliot-Curie, Herman J. Muller, Linus Pauling, Cecil F. Powell, Joseph Rotblat e Hideki Yukawa. Il Manifesto fu pubblicato ufficialmente il 9 luglio 1955, proprio nel pieno della Guerra Fredda. 

Sono trascorsi ormai 60 anni, ma ancor oggi l’umanità corre gravi rischi di catastrofe umanitaria e di distruzione planetaria. Siamo nel pieno di quella che è stata definita a ragione “guerra mondiale a pezzi”, combattuta con armi sempre più potenti e impensabili, sino a trasformare esser umani in bombe vaganti. Una guerra “mondiale” perenne e disumana, che quotidianamente divora vite umane anche innocenti, devasta valori culturali faticosamente conquistati, schiaccia come un rullo compressore ogni sentimento proprio del genere umano. I potenti del mondo, i possessori delle ricchezze, i produttori e commercianti delle armi belliche, insieme ai governanti dittatoriali e tirannici (in qualche luogo persino sanguinari) si fanno trascinare dai loro propositi di forza e di prepotenza, divenendo sempre più insensibili agli strazi di esseri simili a loro, ma che conducono nel baratro della miseria e della morte, preludio di distruzione totale d’ogni civiltà. Fanno sospettare il peggio le rivalità, spesso mascherate ma sempre ugualmente forti e accese, tra Russia e Stati Unit d’America, tra Occidente e Medio Oriente, tra Paesi ricchi e Paesi poveri, tra Potenze consolidate e Potenze emergenti.  E non meno pericolosi sono le rivendicazioni e le azioni dei fanatismi di matrice religiosa. 

Non è fuor di luogo, quindi, rileggere e ripensare oggi quel “Manifesto Russel-Einstein”, meditandone responsabilmente alcuni passaggi significativi per la loro attualità.  

Il primo ammonimento lasciatoci in eredità è l’appello indirizzato al mondo della cultura, della ricerca, della scienza e della tecnologia. Gli intellettuali, sacerdoti di verità e di  progresso, debbono salvaguardare sempre e comunque la propria libertà di pensiero, operando con assoluta autonomia di giudizio e ispirandosi a una visione umana universalistica. “Non parliamo – avvertono gli Autori del Manifesto - come membri di questa o quella nazione, continente o fede, ma come esseri umani, membri della specie Uomo. II mondo è pieno di conflitti; per questo, chiunque abbia un qualche interesse per la politica nutre diverse opinioni su queste questioni; ma noi vorremo che ognuno metta da parte questi sentimenti e si consideri solo come parte di una specie biologica che ha avuto una evoluzione notevole, e la cui sparizione nessuno di noi può desiderare”. 

In secondo luogo rimarcano la necessità d’un modo di pensare rinnovato e richiesto dalla giusta evoluzione e mirato a un proficuo cammino di tutti i popoli, e non dettato dall’interesse economico, culturale, religioso solo di alcuni a danno di altri. La gara da affrontare non è di rendersi sempre più forti e più temibili, ma di “armarsi” di corresponsabilità e onestà. Infatti, sostengono senza esitazione: “Dobbiamo imparare a pensare in un nuovo modo. Dobbiamo imparare a chiederci, non già quali misure occorre intraprendere per far vincere militarmente il gruppo che preferiamo. Quel che ci dobbiamo chiedere è come impedire un conflitto armato, il cui esito sarebbe catastrofico per tutti?”. 

Ecco, quindi, il dilemma di allora, ma anche del nostro tempo e che tutti siamo chiamati a risolvere: “Si apre di fronte a noi, se lo vogliamo un continuo progresso in felicità, conoscenza e saggezza. Sceglieremo invece la morte, perché non sappiamo dimenticare le nostre contese?”. Dalla risposta data oggi dipende, di conseguenza, tutto il futuro nostro e e il destino delle generazioni future. Solo lo sguardo lungimirante degli uomini e la cultura dell’accoglienza delle diversità e delle minoranze salveranno l’umanità. Spinti e sostenuti da questa consapevolezza, Einstein e Russel insistevano: “Ci appelliamo, come esseri umani, ad altri esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Se vi riuscirete, si apre la via verso un nuovo paradiso; se no, avete di fronte il rischio di morte universale”.  

L’aver smarrito il senso di comune appartenenza al genere umano è la causa prima della guerra; il riscoprirne la realtà ne sarà il rimedio. Ma è necessario uscire dagli egoismi e pensare agli altri e al futuro: “Forse – i due Autori annotavano con un velo di sfiducia - quel che impedisce maggiormente la piena comprensione della situazione è il termine ‘umanità’, che suona vago e astratto. La gente fa fatica ad immaginare che il pericolo riguarda le loro stesse persone, i loro figli e nipoti, e non solo un vago concetto di umanità. Essi faticano a comprendere che davvero essi stessi, ed i loro cari, corrono il rischio immediato di una mortale agonia”. 

Anche oggi dobbiamo meditare su questi appelli. Dobbiamo chiederci cosa è rimasto oggi di quegli insegnamenti e di quegli ideali, come possiamo riconquistare quella consapevolezza di umanità, per comprendere ciò in cui siamo immersi. Gli errori possono essere ottima occasione per correggersi e migliorare; ma quelli della storia passata e recente sembrano essere stati disastrosi allora e inutili oggi. Forse l’uomo contemporaneo deve ricercare e riconquistare la lucidità razionale necessaria per capire che non c’è più tempo; che è giunta l’ora di cambiare e di impegnarsi in prima persona a “lottare” per la salvezza e la felicità propria e dell’umanità.




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