Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.

sabato 2 maggio 2015

L'INFINITO


 
L’intreccio complicato e aggrovigliato dei fili della matassa dell’esistenza individuale dell’uomo si compatta lentamente, inesorabilmente, palesemente, lucidamente man mano che scorrono i giorni dell’età umana non più verde.
 
La compattezza del groviglio si rinserra sempre più e lascia sempre meno interstizi e sfilacciamenti, spesso provvide fessure per mantenere qualche possibile contatto con le realtà esterne circostanti. Si forma sempre più distintamente un unico blocco, in cui ci si sente assolutamente chiusi e circoscritti nel proprio essere: non angoscia di vertigine, ma freddo gelido contatto con se stessi soli, interi, senza peduncoli e filamenti o appendici e legamenti con altro non voluti e comunque non graditi, ma talora convenienti per poter condividere sensazioni con altri o addossare ad altri cause del nostro vivere, riferendo loro sentimenti di piacere o di dolore.
 
Essere umano solo: unico autore dei propri giorni di vita, unico titolare delle proprie azioni positive e negative, unico e solo con se stesso. Non moti di triste rimpianto, non bisogno di respiro libero, non voglia di giustificare il passato o illuminare il presente o immaginare altri giorni di esistenza futura. Ma, immobilità ormai pronta ad accogliere l’inesorabile destino proprio dell’essere umano; coscienza chiara e solida, profonda e pacata che “questo è il mio essere”: tutto mio, solo mio. Nel passato, nel presente, nel futuro; ma non più segmenti d’una linea misteriosa e ignota, ma totalità atemporale, in cui tutto diventa concreto, indelebile, vivo e vivificante. Tutto ciò che mi ha circondato durante il tempo, come fine o come mezzo, come valore o come inciampo, come senso della vita o come negazione di virtù, tutto comincia quasi a svanire, allontanandosi e rifugiandosi in un distacco non cercato ma sopravvenuto, non desiderato ma pacificante.
 
Serenità e pace interiori, tutte proprie, che niente e nessuno potranno scorgere e che a nessuno dovranno essere comunicate. Nessuno le contaminerà né le dissacrerà. Presagio della fine? No. Possesso potente esistenziale, solo possesso totale di sé sublimante ed emozionante: in compagnia di un passato voluto o più spesso condizionato e addirittura determinato da situazioni e circostanze, tanto che si desidera con forza di volere vivere responsabilmente il proprio presente e programmare liberamente il proprio futuro. Sintomo di depressione morale? No. Bisogno, solo bisogno di possedersi tutto intero, senza attendere gli eventi e le risposte dal mondo temporale, per continuare a donare gratuitamente il proprio essere a chiunque voglia parteciparne, ma senza alcun contraccambio. Ma, nello stesso tempo, distaccarsi gradualmente, consapevolmente, volontariamente da ogni realtà fisica e spirituale, che alla fine del corso della vita, prima o poi, ci sarà tolta senza il nostro consenso. Bisogno, quindi, di fondere l’esistenza con l’essere. Finalmente. Momenti che non vanno temuti, ma amati e accarezzati; che non vanno allontanati, ma accolti e sciolti nel proprio animo. Solo allora, “naufragando” in questa indistinta immensità, ci si intuisce parte indistinta dell’Infinità. 

1 commento:

Anonimo ha detto...

Imbattersi in post di sentita profondità culturale è, al giorno d'oggi, rarità.

Vivere l'hic et nunc ma al confine tra il desiderio e la realtà; conquistare il presente per viverlo in eterno, sapendo sempre riconoscere la profondità di pensiero, celata solo nello sguardo di anime "vere": forse, è questo l'infinito, un funambolo in bilico, con nel cuore la paura di cadere e nella mente la consapevolezza di dover andare avanti.