Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.

mercoledì 25 febbraio 2015

PER UN PROFILO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 
Pubblicato su Affaritaliani il 18 gennaio 2015:
Quirinale, il Palazzo è troppo lontano dal popolo

Non sarebbe forse auspicabile che ci si preoccupasse di ascoltare e interpretare anche le esigenze del popolo, per verificarne "l'aria che tira"?

“La scelta (del Presidente della Repubblica) – ha scritto Sabino Cassese sul “Corriere della Sera” di oggi (domenica 18 gennaio) - ha premiato una esperienza e ha confermato il rapporto Parlamento-presidente-governo”, puntualizzando che i cittadini stanno attenti “non tanto a chi salirà al Quirinale, quanto alle modifiche costituzionali e alla legge elettorale, perché le istituzioni contano più degli uomini”. Per questo invita a “guardarsi indietro e vedere come sono stati scelti i presidenti italiani”. Analisi e preoccupazioni del tutto condivisibili, salvo da aggiungere che la storia italiana dell’ultimo ventennio repubblicano documenta che le “istituzioni” nel passato non molto remoto erano lo specchio (soprattutto) della libera volontà del popolo italiano e non solo (o soprattutto) il risultato dell’azione di alcuni partiti, così come si sono evoluti fino ad oggi. E questa preoccupazione sembra essere confermata dagli ultimi atteggiamenti della politica.

 Infatti, qualche giorno fa il premier Matteo Renzi ha fatto sapere ai suoi: “Nelle 24 ore precedenti al primo voto formalizzeremo la proposta del Pd, riunendo gruppi e grandi elettori”; a completarne il pensiero è intervenuto il presidente del Pd, Matteo Orfini: “I prossimi giorni – ha specificato - si capirà che aria tira dentro al Pd e dentro Forza Italia”; qualche giorno dopo il presidente emerito Napolitano, durante la festa tributatagli nel rione Monti a Roma, con parole misurate e asciutte ha augurato per il suo successore, “chiunque sia, uomo o donna, di fare bene il proprio lavoro, applicarsi molto ai problemi, ed è importante che si torni dopo un periodo eccezionale alla normalità”. E Renzi tempestivamente non ha mancato di rassicurare: “La solidità istituzionale sarà un elemento di assoluto rilievo”. E questo sembra voler essere il senso anche dell’auspicio che, in occasione dell'inaugurazione del palazzo restaurato del consolato di Firenze, John R. Phillips, ambasciatore degli Usa in Italia, ha formulato: "Noi speriamo che gli italiani cerchino di trovare qualcuno che abbia la statura e le capacità che il presidente Napolitano ha sempre continuamente dimostrato".

Per raggiungere questi obiettivi, i responsabili dei vari partiti si stanno dedicando febbrilmente a incontri chiarificatori e a reciproche consultazioni con esperti variamente qualificati, consapevoli della loro responsabilità: vagliare e armonizzare – secondo la stessa ragion d’essere d’ogni azione politica – le esigenze espresse dalle varie parti, tentando al massimo ogni concreta possibilità di accordo e di consenso. Analizzando, però, rigorosamente comportamenti ed esternazioni dei vari capi, nasce, appunto, la forte perplessità. In tutte queste pur lodevoli fatiche della politica, per dare una guida valida al Paese, quanto popolo italiano è rappresentato o comunque “ascoltato”? Non sarebbe forse auspicabile che ci si preoccupasse di ascoltare e interpretare anche le esigenze del popolo, per verificarne “l’aria che tira”? Ovviamente si tratterebbe di frugare nelle menti e di penetrare negli animi della totalità dei cittadini italiani, sia di quelli che i partiti presumono coinvolti e interessati sia di quelli che la politica degli ultimi tempi sta sempre più allontanando dalle istituzioni, tanto da renderli addirittura persone di primo piano della cosiddetta antipolitica, proprio perché molti fatti li obbligano a considerare l’attività politica come conquista del potere solo per interessi privati o di parte e non certo per il bene comune. Oggi, la priorità delle priorità è dare all’Italia un Capo dello Stato capace e degno, che miri, però, soprattutto a riabilitare il ruolo naturale della politica: cioè, potere come attaccamento al bene comune costruito mediante l’unificazione degli animi di tutti, ora lacerati da lotte ideologiche e spossati da governi inadatti e non di rado persino ostili.

La figura di Giorgio Napolitano, ovviamente, non può essere proposta come modello: troppo breve è il tempo trascorso, perché gli animi siano sereni nel valutare e oggettivi nel giudicare. E allora, seguendo il suggerimento anche di Cassese, ripercorriamo qualche pagina della storia, per rintracciare - ove ce ne fosse - qualche esempio valido e utile. Ora, la complessità dell’attuale situazione internazionale,  le difficoltà della politica nazionale presente, la problematicità della sicurezza e i problemi del mondo del lavoro richiamano (in tutto o in parte) i tempi, l’opera e la testimonianza – tra gli altri - di Sandro Pertini. Non sarebbe fuor di luogo, pertanto, che i “grandi elettori”, che il 29 gennaio prossimo voteranno per eleggere il futuro Presidente, si voltino un po’ indietro e meditino la lezione che quest’indiscusso Padre della Patria ci ha lasciato. La candidatura di Pertini al Quirinale emerse, di fatto, l’8 luglio 1078, sessanta giorni dopo l’assassinio di Aldo Moro e al sedicesimo scrutinio, dopo una complicata ricerca d’intesa tra le forze politiche: e fu eletto con 832 voti su 995 votanti. Nel messaggio al Parlamento subito dopo l’elezione non ebbe alcuna reticenza a dichiarare con ardita trasparenza: “Non posso non ricordare che la mia coscienza di uomo libero si è formata alla scuola del movimento operaio di Savona e che si è rinvigorita guardando sempre ai luminosi esempi di Giacomo Matteotti, di Giovanni Amendola e Piero Gobetti, di Carlo Rosselli, di don Minzoni e di Antonio Gramsci,mio indimenticabile compagno di carcere. Ricordo questo con orgoglio, non per ridestare antichi risentimenti, perché sui risentimenti nulla di positivo si costruisce, né in morale, nè in politica. Ma da oggi io cesserò di essere uomo di parte. Intendo essere solo il Presidente della Repubblica di tutti gli italiani, fratello a tutti nell’amore di patria e nell’aspirazione costante alla libertà e alla giustizia”.

“Intendo essere solo il Presidente della Repubblica di tutti gli italiani”: di questo c’è bisogno anche oggi per l’Italia. E’ necessario certamente dotare il nostro Paese d’un Capo di Stato, che sia pronto a stanare la probabile inerzia del Potere Legislativo, attento a sollecitare riforme e provvedimenti necessari  per la soluzione dei molti e gravi problemi, solerte nel guidare e garantire i limiti legittimi d’ogni Potere costituzionale. Ma che sia prima e soprattutto preoccupato a costruire le fondamenta su cui basare tutto ciò: far riappacificare i cittadini tra di loro e far rinascere in loro l’amore verso le Istituzioni, che – sotto la sua vigilanza - dovranno essere virtuose e credibili. “Non dimentichiamo – avvertiva Pertini – che se il nostro paese è riuscito a risalire dall’abisso in cui fu gettato, lo si deve anche e soprattutto all’unità nazionale realizzata allora da tutte le forze democratiche. E’ con questa unità nazionale che tutte le riforme (…) potranno essere attuate. Questo è compito del Parlamento”. Si sente da varie parti reclamare un Capo dello Stato con particolari requisiti. Opinioni tutte lecite e comprensibili. I comportamenti di Sandro Pertini dimostrano che ogni uomo ha una sua storia personale, per cui  sembra più saggio valutare lo spessore e il valore d’un uomo non tanto da ciò è stato, quanto piuttosto da quanto sarà capace di evolvere, divenendo sempre idoneo alle responsabilità, che gli vengono affidate e di cui vorrà liberamente farsi carico.

 

 

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