Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.

venerdì 21 febbraio 2014

FARE ASSOCIAZIONE PER SERVIRE GLI ALTRI

In ogni comunità nascono e operano associazioni di varia natura: sportive, ricreative, assistenziali, culturali, religiose, politiche. Il far parte d’una associazione è determinato, pertanto, da motivi personali, rispondenti a interessi individuali indubbiamente apprezzabili: come, trascorrere del tempo in buona compagnia, ritrovarsi per lo scambio di esperienze, confidarsi impressioni, comunicarsi preoccupazioni.

Di natura particolare sono le associazioni a carattere umanitario, tanto sociale che religioso, nelle quali gli aderenti mettono il proprio tempo e le proprie competenze al servizio degli altri in modo disinteressato, volontario, e sempre con discrezione e riservatezza: il centro dell'attenzione, cioè, è l'altro, con le sue necessità, le sue difficoltà, i suoi problemi. Ovviamente, non tutte le associazioni fanno volontariato, così come non tutto il volontariato è affidato alle associazioni. Le cose stanno così, però, in astratto. Osservando la realtà, invece, queste associazioni qualche volta sono percepite diversamente dalla comunità: si sente affermare, infatti, che si tratta di associazioni, alle quali prende parte chi non ha voglia di lavorare, chi non sa come riempire la giornata, chi vuole mettersi in mostra e chi si dedica a opere caritative e assistenziali, perché ha bisogno di lavarsi la coscienza. Si è convinti che si tratta di perdite di tempo, che viene sottratto al lavoro e al dovere; e, comunque, è meglio starsene a casa propria e non impicciarsi di cose altrui.

Giudizi ingenerosi, superficiali e senza fondamento. Tuttavia, non si può negare che, in qualche caso, siano provocati dal comportamento di qualcuno, che, pur impegnandosi lodevolmente all’interno di un gruppo, rimane talora chiuso in se stesso, non partecipando agli altri il proprio lavoro, condannato, perciò, a rimanere sterile e improduttivo. In questo modo si priva tutta la comunità di importanti benefici morali e sociali. D’altra parte, però, anche alcuni cittadini stanno a guardare cosa facciano gli altri, e non sempre con buone intenzioni, anzi pronti a puntare il dito e a commentare con saccenteria ogni attività. Nei due casi prevale la mania di protagonismo sia dei singoli sia dei gruppi, oggi purtroppo tanto diffusa; essere al centro dell'attenzione sembra essere persino un bisogno, forse perché la nostra società ama premiare chi si mette in mostra, senza considerare valore e meriti reali. Per questo l’espressione “bene comune” spesso è usata senza la più pallida idea di che cosa significhi. L’individualismo ha eroso in maniera consistente quello stato d’animo di appartenenza sociale, costituito da un insieme di valori, per il quale si può e si deve prendere parte a una realtà sociale e comunitaria.

E’ necessario riflettere e cambiare. E alla base del cambiamento c’è l’assunzione di responsabilità, che obbliga a rimboccarsi le maniche. Il primo passo per cambiare concretamente, quindi, è mettersi in mezzo agli altri e in sintonia con gli altri, evitando la prima causa dei conflitti: l’eccesso d’egoismo e la sfiducia negli altri. Ecco, allora, l’auspicio che dev’essere formulato: che ogni associazione sia un luogo, in cui si promuova concretamente vero spirito d’altruismo, in cui si realizzi la formazione di cittadini sensibili ai problemi della comunità e dedicati al bene comune, rendendosi disponibili a uscire dal proprio privato e a impegnarsi nel servizio degli altri, pronti ad affrontarne le difficoltà e a superarne eventuali ostacoli, mantenendosi fedeli ai principi della morale e dell’etica, noncuranti degli umori dei disimpegnati, indifferenti davanti ai giudizi dei faziosi, perseveranti nonostante il sarcasmo di chi, affossato nell’insignificanza e nell’inerzia, sa solo osservare e commentare, per disapprovare.

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