Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.

mercoledì 22 ottobre 2008

L’UOMO E IL TEMPO: RAPPORTO DIALETTICO O SINCRONICO

Il tempo scorre, o meglio, fluisce. Ma non passa. Ora, lo scorrere e il fluire del tempo sono evidenze così forti che non necessitano di alcuna dimostrazione e, del resto, s’impongono come realtà così solide che non possono essere mai oggetto né di dubbio né di contestazione. Tuttavia, tentare di definire che cos’è il tempo (che non passa, ma che, comunque, scorre e fluisce) sembra impresa non solo difficile, ma addirittura impossibile. Lo stesso Agostino d’Ippona confessò di sapere molto bene cosa fosse il tempo, ma di essere assolutamente incapace di spiegarlo, appena ne fosse richiesto.
In una prospettiva negativa, si potrebbe dire che il tempo è l’insieme delle tre dimensioni del ”non-esserci” o, se si vuole, del “nulla”, cioè del passato, del presente e del futuro. Il passato, infatti, non c’è più; il futuro non c’è ancora; e il presente è l’attimo fuggente, nel quale il futuro “scorre” o “fluisce” nel passato. Il presente, quindi, è il passaggio - cioè, lo “scorrere”, che noi definiremmo meglio l’inarrestabile precipitare - della dimensione del “desiderio” nella buia voragine della dimensione della “memoria”. Una prospettiva negativa, questa, che apre le porte all’angoscia e alla disperazione; ma una prospettiva comunque razionale, che, consapevolmente o meno, viene teoreticamente accolta da non pochi pensatori, e viene praticamente fatta propria da numerosi uomini di età anche piuttosto giovane.
In una prospettiva positiva, il tempo è la solida realtà costruita e strutturata dall’operosa razionalità degli uomini. Ciò nonostante, anzi proprio per questo, il tempo chiede e pretende sommo rispetto da parte degli uomini. E’ l’uomo, infatti, che intesse e struttura la sostanziale realtà del tempo; ma, se egli, simultaneamente, non lo rispetta nel suo inarrestabile scorrere, perde inesorabilmente la propria battaglia. L’uomo, allora, non avanza e non cresce, anche se, paradossalmente, s’illude che questa sua non-crescita siano prudenza fruttuosa e saggezza pratica, grazie alle quali egli ritiene di dominare e governare il tempo. E non s’accorge, invece, – o non vuole riconoscere e accettare – che il tempo scorre e fluisce sempre e comunque, e che è lui che ne rimane schiacciato e annichilito. Senza sincronia con il tempo l’uomo rimane ombra senza significato, che o girovaga nei meandri d’un passato che ormai non incide per nulla nella storia, oppure volteggia nelle sfere eteree d’un futuro sempre vagheggiato come oggetto di pura speranza. In entrambi i casi egli non è che un leggero fuscello passivamente trascinato dalla corrente d’un fiume ora calmo ora irruente, ma in continuo movimento. E va avanti così, vivendo nella perenne illusione di condurre un’esistenza viva, valida e potente. L’uomo autentico, invece, vive rimanendo nel tempo, anche se non si riduce mai a un momento del tempo.
Il tempo – e Immanuel Kant ne è uno dei sommi cantori – non è un qualcosa di esterno all’uomo, in cui egli deve vivere e operare, ma è la struttura costitutiva dell’esistenza stessa dell’uomo. La vita umana, quindi, è tempo; la vita di ciascun uomo coincide con il “suo” tempo: e la vita è sempre il presente, che simultaneamente vivifica anche il passato e porta in vita il futuro. Se la vita è presente, non è, però, attimo destinato a “passare”, bensì momento, che s’estende in quel perenne fluire, che comprende ogni dimensione reale: il tempo è estensione illimitata e profonda e, nello stesso tempo, profondità che s’estende sino ai confini dell’infinito. Il tempo è vita, così come la vita è tempo: simultaneità d’ogni dimensione esistenziale.
Non è di particolare interesse – dal nostro punto di vista - conoscere o verificare se il tempo abbia una dimensione oggettiva, che, comunque, non sembra fuori posto accogliere come ipotesi interpretativa o come opportunità pratica. E’ indiscutibile, ad esempio, che, quando due o più persone cominciano a vivere insieme, sorge la necessità di un mezzo convenzionale di misurare il tempo, che permetta a ogni individuo di partecipare con razionalità e coerenza alla vita sociale del gruppo; senza una misura ‘oggettiva’ di tempo, quindi, nemmeno la società umana può esistere; ma senza la società umana non esiste civiltà; la misura oggettiva del tempo, allora, condiziona lo sviluppo stesso di una civiltà.
E’ da tutti condivisibile, però, che il tempo è un’impressione soggettiva e personale, per cui l’uomo ha coscienza del tempo. In questa prospettiva, pertanto, il senso della vita umana e il tempo coincidono: il segmento d’ogni esistenza umana, cioè, comprende un ben delimitato periodo di tempo, che “fluisce” nell’indeterminato “scorrere” del divenire cosmico. Incessante perfetta autonoma sincronia, che concretizza e compie l’essere di tutta l’umanità e di tutto il mondo: Il divenire della vitalità del cosmo, l’evoluzione dell’intero regno dei vegetali e degli esseri senzienti, il lento modificarsi biologico del corpo umano, la maturazione della coscienza degli uomini grazie all’esperienza individuale e collettiva, l’arricchimento e la crescita globale della qualità d’ogni forma di vita fino all’approssimarsi della consumazione del tempo. Evoluzioni, maturazioni, crescite che scorrono e fluiscono, ma non passano. Basta estendere a tutta la realtà la bella immagine, con la quale Francesco Bacone raffigura la realtà del cammino della scienza: ogni segmento temporale è un minuscolo nano seduto sulle spalle di un gigante.
Ci sembra questa l’essenza della contemporaneità autentica: non il vivere nello stesso periodo di tempo, bensì il pulsare simultaneo la medesima totalità della realtà dell’uomo e del mondo. Contemporaneità significa identità in empatia di idee, di pensieri, di sentimenti, di nostalgie, di speranze, di progetti, di sogni. Insomma, di desideri. Il ritorno al fascino del desiderio è uno degli elementi chiave della felicità, poiché il desiderio è ciò che ci attrae oltre a noi stessi; è voler ottenere qualcosa che non abbiamo, voler conoscere cose ancora sconosciute, entrare in relazione con l’inedito della vita. Il desiderio è aspirazione a un crescere illimitato: cioè, è fluire e scorrere della vita vivente.
Popoli ‘contemporanei’ sono, dunque, quelli sospinti dalla medesima sincronia di valori e di finalità; e civiltà ‘contemporanee’ sono quelle animate dai medesimi pensieri e dal comune sentire. Anche per la vita dei popoli e delle civiltà, contemporaneità è condivisione sincronica in perfetta empatia.
Massima espressione e realizzazione di questa “sincronia totale” è insita nelle scelte vere di “amore” tra gli uomini, e tra gli uomini e la natura. Sincronia d’amore significa assoluta assenza d’ogni elemento anche di egoismo e di altruismo. Egoismo e altruismo sono situazioni contaminate da estraneità e da dualità; sincronia, invece, è identità che intona e canta inni di sublime intimità umana. Nell’egoismo e nell’altruismo si nascondono (o possono nascondersi) secondi fini spesso camuffati da sollecitudine e generosità; nella sincronia c’è solo fusione totale, che, se raggiunta, niente e nessuno potrà mai più né deturpare né scindere, poiché è fusione reciproca, che coinvolge il complesso essere umano: corpo, sentimenti, parole, pensieri. Per questo dovrebbe stare alla base d’ogni relazione anche della società.
Il tempo, inteso e vissuto secondo queste dimensioni, consente all’uomo di penetrare e intuire il mistero dell’animo umano sia come individuo singolo sia nelle relazioni interpersonali. La dimensione più intima dell’uomo è inattingibile; ma non quando l’uomo è capace di raggomitolarsi su se stesso in profonda intensa penetrazione del suo esistere. Allora vivrà la sincronia con il Tutto: assaporerà (forse) l’acre sapore dell’amara sofferenza sempre mista alla dolce essenza di felicità nascosta. E’ una profonda comunicazione silenziosa, ma totale, di sé a se stessi. E’ il vero tempo esistenziale: momento in cui si pensa solo a se stessi, in cui si vive il proprio passato e il proprio futuro, ma nell’attimo del presente. Infatti, ciò che è stato fatto rimane integro e reale nel presente, e ciò che si progetta per il futuro è il contenuto del desiderio. Il tempo sincronico è, quindi, tempo di pieno autopossesso concreto: non c'è spazio per estraneità e nemmeno per dualità; c’è posto solo per le dimensioni dell’amore vero, cioè per ogni realtà che s’è fusa in unità inscindibile, sempre inviolata da qualunque forma di distinzione egoistica o di sublimazione altruistica. Nel rapporto sincronico con il tempo non ci sono realtà che s’oppongono e si superano, come accade nel rapporto dialettico, ma realtà che s’uniscono e si fondono in dimensioni di mistero intuibili solo dalle anime coraggiose e coerenti. Nel rapporto sincronico con il tempo l’uomo compie salti contro ogni ragione, ma secondo la totalità del cuore; decide scelte contro ogni buon senso, ma secondo l’integra totalità dell’animo. Salti audaci e felici, scelte avventate e fortunate, speranze senza confine e talismano sincero.
Il tempo, allora, è un’impressione soggettiva e personale; la sincronia è empatia totale e incondizionata. Il rapporto sincronico dell’uomo con il tempo è il rapporto che realizza il senso dell’esistenza e dà ragione al fluire dell’intero cosmo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

"Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue".


Om.Vi.Am.