Il Tempo, in sé fluire di momenti transeunti che vanno accolti, si apre a un "oltre" custode Eterno di valori trascendenti che vanno abitati. Vicende e realtà tendono alla suprema fusione nell'infinita Totalità, anima di ogni Speranza.

sabato 6 agosto 2005

LA SCIENZA CERCA LA REGOLARITÀ - MA ALL'ORIGINE DI CIÒ CHE ESISTE VI È UNA SUA VIOLAZIONE

"Che cos'è il mondo? Che cos'è che ha portato dio a crearlo e secondo quale piano? Da dove dio ha tratto i numeri? Quale regola governa una massa così enorme? Perché dio ha creato sei orbite? Perché ci sono questi intervalli tra ciascuna orbita? Perché Giove e Marte, che non si trovano nelle prime orbite, sono separati da uno spazio così vasto?". Con queste parole ha inizio il Mysterium Cosmographicum, la prima opera a stampa di Keplero, pubblicata a Tubinga nel 1596. A guidarlo nella sua lunga e solitaria avventura intellettuale è la convinzione di poter svelare "a priori" l'ordine razionale (copernicano), che presiede alla costituzione del mondo. Se un Dio matematico è l'artefice dell'universo, coglierne il "mistero" non equivale forse a scoprire il disegno e i lineamenti geometrici del cosmo? La concordanza tra i dati delle distanze planetarie forniti da Copernico e le dimensioni delle sfere inscritte e circoscritte ai cinque poliedri regolari diventa per Keplero la massima espressione di ordine e perfezione della geometria euclidea. Numero dei pianeti, distanze delle orbite, moti dei pianeti, rapporto tra le distanze e i tempi di rivoluzione, tutto si tiene insieme, inserendosi in un tipo di spiegazione a priori mai tentata prima di allora.
Il Mysterium non ebbe il successo sperato. Tycho Brahe, a cui Keplero aveva inviato una copia del libro, non poteva accettare nessuna delle ipotesi filosofiche e teologiche, che tanto avevano entusiasmato l'astronomo tedesco. Le assurdità insite nella teoria copernicana erano, per lui, così evidenti, da non meritare neppure di insistervi troppo. L'armonia e la proporzione del cosmo, inoltre, devono essere cercate "a posteriori", dopo lunghe e complesse osservazioni, e mai "a priori".

Keplero, comunque, tiene di conto della "lezione" del grande astronomo danese. Partendo dai dati osservativi lasciatigli in eredità (Tycho Brahe muore il 24 ottobre 1601), Keplero, che nel frattempo era stato nominato astronomo imperiale di Rodolfo II, pubblica nel 1609 una delle sue opere più importanti: l'Astronomia nova. In essa sono contenute le cosiddette prime due "leggi di Keplero": a) le orbite dei pianeti sono delle ellissi; b) il Sole occupa uno dei due fuochi e la retta che congiunge il pianeta al Sole descrive aree uguali in tempi uguali. La terza legge - il rapporto tra il cubo della distanza di un pianeta dal Sole e il quadrato del suo periodo di rivoluzione è costante - sarà pubblicata nel 1619, nell'Harmonices mundi.

Quali sono le principali conseguenze che possono essere tratte da queste leggi? a) Keplero afferma, in pieno accordo con i dati osservati, che le orbite dei pianeti sono ellittiche, negando così l'antichissimo principio secondo cui i pianeti si muovono su orbite circolari. b) Il moto dei pianeti non è uniforme, ma varia con la distanza dal Sole (il pianeta si muoverà più velocemente quanto più è vicino al Sole, e viceversa). Il Sole, dunque, svolge la funzione di forza motrice dei pianeti: una forza motrice quasi magnetica, dirà Keplero (non bisogna dimenticare che nel 1600 William Gilbert aveva pubblicato l'opera dal titolo De magnete, che ebbe una vasta influenza non soltanto su Keplero, ma anche su Galileo).

L'intero sistema dei moti celesti è, quindi, governato da una facoltà fisica. Fa eccezione la rotazione del Sole attorno al proprio asse, per spiegare la quale Keplero attribuirà al Sole un'anima motrice. Le novità introdotte dal copernicano Keplero non furono accettate dagli astronomi del suo tempo. Galileo le ignorò, così come fecero la maggior parte degli astronomi e matematici europei. Solo con la teoria della gravitazione universale di Isaac Newton esse trovarono una soddisfacente spiegazione teorica.

La scienza cerca la regolarità, ma all'origine di ciò che esiste vi è una sua violazione L'idea è affidata a un'immagine di Vitruvio, resa celebre da un disegno di Leonardo. Un uomo con le gambe e le braccia divaricate, il cui corpo risulta iscritto al tempo stesso in un cerchio e in un quadrato entrambi con centro nell'ombelico, "il centro naturale del corpo umano", dice Vitruvio. L'idea è quella classica di simmetria come armonia delle proporzioni. La simmetria, spiega Vitruvio nel De Architectura, "è l'accordo armonico tra le parti di una medesima opera e la rispondenza di proporzioni tra le singole partì e l'intera figura". E il corpo umano ne fornisce un esempio naturale, che serve da modello delle opere architettoniche. "Senza rispettare simmetria e proporzione, nessun tempio può avere un equilibrio compositivo, come è per la perfetta armonia delle membra di un uomo ben formato". L'uomo ha trasmesso alle sue creazioni la simmetria del proprio corpo, dai templi di cui parla Vitruvio progettati sui modelli greci ai moderni grattacieli di Kuala Lumpur. Del resto, la simmetria destra-sinistra che caratterizza il nostro corpo sta all'origine delle nostre osservazioni della simmetria. Basta guardarsi intorno per scoprire ovunque simmetrie, negli oggetti della natura e negli artefatti umani, dalle piante alle conchiglie, alle stelle marine, ai fiori, ai rosoni delle chiese romaniche, dagli archi dei portici alle arcate dei ponti.

La simmetria degli antichi, di cui parla Vitruvio, si fonda sul concetto di numero intero; è una relazione di commisurazione numerica, che permette di stabilite un accordo armonico tra diversi elementi. Il termine greco stava, appunto, a significare commensurabilità. Simmetrici erano, dunque, quegli elementi multipli di una misura comune. Quando i Pitagorici affermavano che il numero sta all'origine di ogni cosa, esprimevano la loro fiducia nell'armonia dell'universo assicurata dalla commisurabilità numerica di ogni rapporto.

La scoperta di grandezze incommensurabili, come la diagonale e il lato di un quadrato, mise drammaticamente in crisi la loro visione del mondo. "a-logòs", irrazionale. Nel mondo greco quel rapporto è, appunto, qualcosa di indicibile. Quei segmenti non hanno "proporzione", sono linee "non simmetriche", scrive Platone nel Teeteto. Per Platone le proporzioni numeriche hanno la funzione di "accordare" in un'unità due o più termini diversi, e "il più bello dei nessi è quello che fa, di sé e delle cose che connette, la maggior unità possibile; e questo è la proporzione che lo realizza nel modo più bello". La sezione aurea di un segmento, la proporzione "divina" tra le sue parti, ne costituisce l'esempio paradigmatico. Proporzioni, simmetrie e armonie di ispirazione pitagorica entrano in gioco anche nel Timeo a caratterizzare l'idea platonica della formazione degli elementi naturali. La chiave è fornita dai cinque solidi regolari, i perfetti esempi di simmetria, che ispirano a Leonardo le illustrazioni della Divina proporzione e a Keplero il sistema planetario che presenta nel suo Mysterium Cosmographicum.

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